Cari amici vicini e lontani
«Miei cari amici, vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate». È la famosa frase pronunciata dal conduttore Nunzio Filogamo durante la diretta radiofonica della prima edizione del Festival di Sanremo del 1951. Secondo alcuni, però, la frase fu pronunciata dallo stesso Nunzio Filogamo già nel 1950 all’interno della trasmissione radiofonica Il microfono è vostro. Fatto sta che è una frase che ha avuto un successo tale da entrare nel linguaggio comune e anche a distanza di più di 60 anni fa ancora parte della memoria collettiva. Lo stesso Renzo Arbore titolò nel 1984 Cari amici vicini e lontani un programma televisivo sul filo della nostalgia per ricordare i 60 anni del primo programma radiofonico italiano. Ora l’avventurosa storia della radio è affrontata con competenza da Giorgio Simonelli nell’agile libro Cari amici vicini e lontani per i tipi della Bruno Mondadori. Simonelli è professore di Giornalismo radiofonico e televisivo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e il suo volto ci è noto come opinionista e consulente del programma Tv Talk in onda su Raitre.
Dove nasce l’idea di un’ennesima storia della radio?
«Perché l’editore si è accorto che non esiste una versione breve. È interessante che all’inizio la radio è concepita come anti-mass medium destinato non all’ampia divulgazione ma alla trasmissione di messaggi in codice, la radio diventa nei primi decenni del Novecento lo status symbol del ceto medio desideroso di aprire una finestra sul mondo dall’intimità dei suoi salotti.
Il fenomeno della radio è, poi, una vicenda che ha un respiro mondiale e non è solo nazionale. L’ambizione è stata di trattare la storia della radio da un punto di vista originale. Mi sono fatto guidare dalle suggestioni date da varie pellicole cinematografiche che rievocano la bellezza della radio come, per esempio: American Graffiti di George Lucas, Radio Days di Woody Allen, I love radio rock di Richard Curtis, Radiofreccia di Luciano Ligabue.
All’interno di questi film ci sono delle notizie che non avevamo sul fenomeno della radio. Mi sono concentrato non sugli aspetti economici, tecnologici, politici ma sui formati, i generi, le funzioni e i programmi».
Quali le specificità della radio?
«Le trasmissioni sono più complesse, più pensate, c’è più tempo per argomentare senza risse. C’è una maggiore creatività nella ricerca di modi radiofonici di esprimersi e dopo l’ubriacatura musicale c’è il ritorno alla parola. Inoltre l’interattività con la radio è consolidata da anni. Già da un programma come Chiamate Roma 3131 nato il 7 gennaio del 1969, oggi si chiama Radio2 3131, era possibile poter partecipare, telefonare, raccontare la propria vita, le proprie emozioni e chiedere consigli su problemi personali. Era già un programma interattivo prima che nascesse l’interattività come la conosciamo oggi attraverso le mail, gli sms, i social network. La radio è anche “interstiziale”, entra negli spazi e nei tempi del vissuto quotidiano. Interessante è anche l’evoluzione dell’oggetto radio: mobile, cuffia, portatile, fino a essere fruibile dal computer. È stato il medium protagonista del Novecento, ne ha accompagnato i momenti decisivi e gode ancora di un’insospettabile vitalità».