Carceri: una scelta di civiltà

Dopo la bocciatura da parte del parlamento della proposta di amnistia riflettiamo sul senso di tali provvedimenti. L’idea di concederla per i detenuti responsabili di reati più lievi, risponde soltanto all’esigenza di alleggerire la situazione delle carceri sovraffollate o ha anche un aspetto etico e civile? L’esigenza è proprio quella di raggiungere gli effetti etici e civili, che soltanto giustificano l’amnistia. Infatti, concederla per alleggerire la situazione delle carceri sovraffollate non sarebbe di per sé un motivo valido (lo stato, cioè la comunità civile, ha il dovere di assicurare una espiazione della condanna in maniera rispettosa della dignità della persona); tuttavia, risponde ad un dovere di giustizia non far soffrire ai condannati una detenzione in condizioni degradate; quindi questa esigenza può concorrere alla concessione dell’amnistia o dell’indulto. Resta, comunque, l’esigenza che questo atto di clemenza raggiunga gli effetti etici e civili propri. Quali sono questi effetti? A me sembra che possano riassumersi in una parola riconciliazione. Riconciliazione tra il reo e la società, oltre che con le vittime dei reati (sotto questo aspetto – pur nelle logiche proporzioni – non c’è differenza tra piccolo o grande reato; tutti i reati offendono le persone vittime e la società). Questa riconciliazione richiede da parte dei rei un cammino di conversione, tanto più lungo e impegnativo, quanto più grave è il delitto commesso. L’amnistia per i reati più lievi e un indulto misurato per i reati più gravi è un’offerta di riconciliazione da parte della società civile cui dovrebbe corrispondere quanto meno una domanda di perdono da parte dei colpevoli. Ovviamente nel concedere la clemenza si dovrebbe tener conto della propensione al delitto da parte del condannato. Un’amnistia per i rei che hanno commesso per la prima volta un reato può essere certamente giustificata proprio nel segno dell’effettiva riconciliazione. Il pubblico più vasto è toccato dalle notizie sulle carceri, generalmente, soltanto quando esse creano problemi: non le sembra che sarebbe invece necessario guardare in faccia questa realtà, chiedendosi, ad esempio, perché i figli dei detenuti sono coloro che hanno la maggiore probabilità di finire a loro volta in carcere? Lo stato, cioè la comunità, deve farsi carico delle ragioni del delinquere. Bisogna andare alla radici dei mali morali – anche il reato è un male morale oltre che sociale. Ogni tipologia di reato ha in genere cause proprie, che vanno dalla singola persona all’ambiente familiare e sociale in cui essa vive. Bisogna rimuovere le cause morali e sociali dei delitti. Quanto al problema che i figli dei detenuti hanno maggiore probabilità di delinquere, se ciò è vero e nella misura in cui è vero, esso si spiega con una sola parola: mancanza di carità sociale. Lo Stato mette in carcere i rei e al massimo si cura di assicurare una certa espiazione della pena che tenda alla riabilitazione del condannato, ma si cura poco o niente della situazione delle famiglie dei carcerati. Lo stato e la comunità civile hanno il dovere di interessarsi delle condizioni di esistenza di queste famiglie, che spesso sono drammatiche. Prendersi cura di loro, dando l’assistenza indispensabile, è un atto di grande carità e civiltà, che oltre a prevenire l’eventuale sbandamento dei figli dei carcerati, potrebbe avere anche un effetto benefico sulla conversione autentica dei condannati. Ricordiamoci che Bartolo Longo istituì a Pompei un’accoglienza proprio per i figli dei carcerati. ¦ Uno degli argomenti di coloro che si oppongono a provvedimenti quali l’amnistia e l’indulto, sostiene che è necessario garantire la certezza della pena: le sembra un argomento valido? Certamente la certezza della pena fa parte dell’esigenza di giustizia ed è il presupposto dello stesso cammino di conversione e della riconciliazione, che ho detto prima. Tuttavia, non contrasta con questo principio la concessione, non programmata e non prevista, dell’atto di clemenza, che risponda alle esigenze dette sopra, che dovrebbero essere anche quelle di procurare una inversione di tendenza nella propensione al crimine.

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