Cara Ucraina, un anno è passato
Quello che il vostro cronista sta scrivendo sarà l’n+1 bilancio a un anno dal primo colpo sparato il 24 febbraio 2022 dall’esercito russo contro l’ Ucraina. A voler essere a tutti i costi originali, bisognerebbe, che ne so, scrivere quello che pensano miliardi (o solo milioni?) di persone che ancora riescono a riflettere autonomamente rispetto agli indottrinamenti cui quotidianamente siamo tutti sottoposti dalla propaganda dominante, che sia russa, cinese, statunitense, indiana… Oppure si potrebbe – sempre per essere originali – cercare di immaginare la vita quotidiana dei soldati sul campo, se fossero liberi di pensare e di raccontarsi. O, ancora, mi verrebbe da dar la parola ai bambini minori di tre anni di ogni dove che continuano a essere bombardati dalle immagini di guerra… Ma occorre mantenere un certo contegno per non uscire troppo dal seminato, e allora continuiamo ad analizzare con certosina puntualità quel che sta accadendo, se possibile con spirito libero (e cristiano).
Non possiamo allora non cominciare dall’elencare le divisioni, le separazioni che la guerra ha portato con sé. Come quella tra moglie e figli da una parte che restano a casa mentre i mariti-papà se ne stanno al fronte a rischiare la propria vita per la patria. C’è poi la separazione, fisica e morale, di tutti coloro che sono migrati dalla zona più pericolosa del conflitto, abbandonando la propria terra. Naturalmente il pensiero e la preghiera non possono non andare ai parenti e agli amici di coloro che sono morti in un modo o nell’altro a causa della guerra: tra questi abbandonati, in testa si trovano gli orfani della guerra, che già si contano a decine di migliaia. Un’altra divisione è quella che sta separando la cristianità orientale, troppo spesso incapace di evitare di piegare il Vangelo ai poteri politici, economici, mediatici: quante dottrine pervertite cercano di spostare il Signore Iddio verso un campo e contro l’altro, come d’altronde è sempre accaduto!
Altra separazione, quella dell’Europa – perché la Russia è a pieno diritto un Paese almeno in parte europeo, anzi, con la testa in Europa −, che si ritrova violentemente divisa in pro-Putin o pro-Zelensky. L’Europa ha resistito alla caduta del muro di Berlino e alla pandemia, resisterà alla guerra? Parlo dell’Europa, non dell’Unione europea, che pur conosce nuove divisioni. Chi poi s’interessa di questioni internazionali globali, non potrà non evidenziare il solco sempre più profondo che separa i filostatunitensi e coloro che invece sono antistatunitensi; non basta il fatto che Putin abbia attaccato per primo per convincere le masse mondiali che non nutrono sentimenti positivi nei confronti dei stelle e strisce e della Nato: gli Usa non hanno attaccato a loro volta Afghanistan e Iraq? Altra separazione provocata dalla guerra è quella che stanno subendo i Paesi più poveri, vittime indirette della crisi tra Ucraina e Russia, se non altro per la diminuzione dei contributi del mondo più ricco al mondo più povero, in una crisi epocale della cooperazione internazionale. Non parlo poi della divisione profonda che sta bloccando l’Onu e le altre istituzioni internazionali.
Quali le “cuciture” invece all’attivo della guerra attuale? Tutte, o quasi, apparenti, va detto subito. La solidità del fronte Nato; la riconquista di uno spirito patriottico in Russia, in Ucraina, e nei Paesi limitrofi, per opposizione ad altri; la continuazione dell’alleanza tra cinesi e russi; la felicità di chi produce armi, avendo trovato un campo di esercitazioni unico, per iraniani, europei, russi, nordcoreani, statunitensi, brasiliani…; il rinsaldarsi del “fronte per la democrazia e il diritto” contro quello che sarebbe invece “per la dittatura, la menzogna, l’evasione dalla giustizia”; l’enorme quantità di notizie in provenienza dall’Ucraina, che ha permesso a tanti giornalisti di emergere; il fronte dei produttori di gas che sono stati corteggiati dai Paesi europei vittime del gioco al rialzo di Putin, anche se ormai archiviato…
Le due liste sono per forza di cose limitate e atte ad essere allungate a dismisura. Il paragone tra la prima e la seconda porterà comunque a un saldo estremamente negativo: da una parte come dall’altra, vi sono solo perdenti.
p.s. Intendiamoci bene, in Ucraina siamo di fronte a un aggressore e a un aggredito e la libera determinazione dei popoli non può essere messa in discussione. Ma siamo sicuri che si sia fatto tutto il possibile per evitare questa guerra? E siamo sicuri che continuare a combattere sino alla vittoria di una delle due parti non apra poi una catena di vendette e di odio che avvelenerà per decenni le acque della convivenza civile? Siamo sicuri che tutta la verità sia solo da una parte, e che tutta la menzogna sia dall’altra? Siamo sicuri, noi cristiani, o pretesi tali, di aver udito bene l’appello del Cristo: «Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi fa del male»? Siamo sicuri che in nostri figli godranno di un futuro migliore di quello che ci è toccato in sorte? Questa guerra va terminata il prima possibile, non c’è altra ragionevolezza possibile.