Cara amica, volevi ucciderti ma per fortuna ti sei salvata

Aurelio Colombo, insegnante di lettere a Catania, commenta con i suoi alunni di prima media il tentato suicidio della ragazza di Pordenone, vittima di bullismo. La reazione partecipata della classe dimostra quanto sia positivo e fruttuoso mettere a volte da parte la didattica e i programmi ministeriali per far emergere il pensiero e l'intimità dei ragazzi
Uno studente in classe

Carissima redazione di Città Nuova,

 

mi chiamo Aurelio Colombo e sono un insegnante di lettere di scuola media nell'unico ICS di Santa Maria di Licodia, un paesino in provincia di Catania. Mi piace inoltrarmi su percorsi non battuti e inesplorati dell'educazione, perché ritengo che la didattica e i programmi ministeriali vadano rivisti alla luce del vissuto degli alunni.

 

Spesso si entra in classe, si fa lezione, passano tre anni della nostra vita e, magari, non sai nulla di ciò che vivono i tuoi alunni. Tra i banchi di scuola corre un mondo parallelo, fatto di paure, di giudizi, di bisogni inespressi, di mancanza di riconoscimento della propria individualità e di disistima. Dietro alcuni volti spenti e distratti o ribelli si celano drammi esistenziali sconosciuti.

 

A volte fa bene "perdere tempo" a scherzare con gli alunni, parlare delle loro cose, di ciò che passa nella loro mente e nel loro cuore. Occorre stare in ascolto del loro vissuto e valorizzare la parte più bella che è dentro di loro; dar forma ai loro sogni, alle loro aspirazioni e gettare le basi per un progetto di vita futura. Occorre rovesciare la cattedra, come luogo privilegiato del sapere e imparare insieme ai nostri alunni nella veste di regista che coordina il tutto. Ogni alunno protagonista per essere attore della propria vita.

 

Venerdì 5 febbraio ho letto ai ragazzi un articolo preso dal sito di Repubblica contenente l'episodio di tentato suicidio di quella dodicenne di Pordenone che, vittima di bullismo, ha cercato di togliersi la vita perché presa di mira dai suoi compagni.

 

Ho chiesto inizialmente che cosa ne pensassero (è possibile che nessuno avesse sentore di quello che stava per fare o del suo malessere: né la famiglia, né la scuola, né i compagni vicini a lei?). Che cosa si è inceppato? Perché è rimasta sola?

 

Poi ho chiesto di mettere per iscritto alcune considerazioni personali sull'accaduto, dando la possibilità, anche ai più timidi, di esprimere il proprio pensiero. A un certo punto un'alunna ha proposto di scrivere una lettera alla ragazza e di fargliela pervenire per esprimerle la solidarietà della classe (è una prima media).

 

A questo punto ho pensato di far scrivere loro alcuni stralci di lettere, singolarmente o in piccoli gruppi, e di raccogliere le loro riflessioni o frasi in un'unica lettera da far arrivare, in qualche modo, alla dodicenne.


Ho preso l'impegno coi miei alunni di redigere questa lettera e di trovare, se era possibile, una modalità di risonanza.

 

Riporto qui di seguito, cercando di fare un lavoro di collage, alcuni stralci dei pensieri degli alunni:

«Ciao, io non so come ti chiami… sono una tua coetanea. Devi farti forza e non abbatterti. So cosa provi, perlomeno penso di saperlo. Nella vita, di amici veri se ne trovano davvero pochi, ma ricordati che ci sono pure persone che tengono a te più di qualunque altra cosa. Non devi cambiare per gli altri, non devi fare "cose brutte…"».

 

«Ho saputo dal telegiornale che, per colpa di alcuni bulli, ti sei buttata dal balcone di casa tua… Volevi morire, farla finita una volta per tutte… ma, grazie al Cielo, ti sei salvata! Tu pensi che tutti ti odiano, che sei piena di difetti. No, non è così! Non ci siamo mai viste né parlate, ma sappi che ognuno è bello per ciò che è e non per quello che gli altri vorrebbero che tu fossi! Spero che ti rimetta presto!».

 

«Cara ragazza, mi è dispiaciuto molto quello che ti è successo. A volte bisogna fare una scelta coraggiosa: quella di comunicare alla famiglia, a un amico o a un professore se qualcuno ci prende in giro per il nostro aspetto fisico o per il carattere. Ti sento come un'amica straordinaria e spero che la paura che hai provato scompaia».

 

«Vorrei esprimerti tutto il mio affetto per quanto hai vissuto… Devi pensare anche ai tuoi genitori e alle persone che ti vogliono bene… Anche se non ti conosco, ho provato a mettermi nei tuoi panni: è stato bruttissimo!».

 

«Io non ho capito il perché del tuo gesto estremo…».

 

«La domanda a cui non riesco a dare una risposta è questa: Perché lo hai fatto?».

 

«Ti scriviamo per dirti che sei speciale, anche se non ti conosciamo. Nella nostra scuola ci sono alcuni bulli ma, secondo noi, si rendono solo ridicoli, si atteggiano da persone grandi e forti ma, in realtà, sono dei coniglietti. Quello che vogliamo dirti è che tu sei una persona come le altre con i suoi difetti e i suoi pregi. Ti vogliamo bene».

 

«… Accettati per quello che sei».

 

«Mi dispiace veramente per l'accaduto. Non posso capire il dolore che hai dovuto sopportare… Rimettiti presto. Buona guarigione!».

 

«Mi dispiace molto. Penso che i tuoi genitori stiano male e si siano chiesti il perché del tuo gesto. Volevo dirti che sei una ragazzina forte e coraggiosa. Guarisci presto. T.V.B.».

 

«… non è importante ciò che gli altri pensano di te, ma è importante ciò che tu pensi di te stessa. Non fare sciocchezze e goditi la vita. La vita è una sola e bisogna viverla bene».

 

«Non si può arrivare a fare un gesto del genere, per quanto gravi possano essere i motivi, perché la vita va vissuta e non va persa. È inestimabile!».

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