Capossela, com’è profondo il mare
Con quella voce da cane bastonato, estraneo ai cliché delle canzonette, il geniale Vinicio è l’alieno assoluto del nostro panorama musicale.
Con quella voce da cane bastonato, con quella penna così meravigliosamente estranea ai cliché delle canzonette, con quel suo supremo spregio per i coriandoli dello show-business, il geniale Vinicio è l’alieno assoluto del nostro panorama musicale.
Una carriera ormai più che ventennale che recentemente ha aggiunto un nuovo suggestivo anello a una catena già rilevante, approfondendo e completando un percorso iniziato nel 2006 con Ovunque proteggi.
Marinai, profeti e balene è un’opera epica fin dal titolo; dove il fantasma del melvilliano capitano Achab aleggia tra i solchi in un suggestivo incrociarsi di richiami mistici, filastrocche sghembe, corali da ciurme piratesche.
L’ennesimo capolavoro che evoca un po’ il Titanic di De Gregori e un po’ l’Ulisse di Omero. Su tutto ovviamente il Moby Dick di Melville (direttamente evocato in più brani), ma con esso anche rimandi trasversali al Lord Jim di Conrad, a Céline, perfino alla Sirenetta disneyana (almeno per l’andamento favolistico di certi episodi): un mirabile, complesso patchwork marinaro e sottomarino (non a caso realizzato tra Ischia e Creta), attraversato da una poetica a un tempo bislacca e straordinariamente evocativa; un disco colto e insieme intriso di umori popolari.
Con questa sua nona contorsione tra parole e note, Capossela si dimostra più che mai, e di sempre, uno dei pochi veri grandi caposcuola dell’odierna canzone d’autore italiana: un Tom Waits “de’ noantri” (nell’accezione encomiabile del termine) capace d’ammaliare con un pugno di canzoni che pure nulla concedono al piacionismo o alle alchimie da sala d’incisione.
Il punto è che le parole d’un recensore servono ben poco a esprimere ciò che contiene questo doppio cd e, tantomeno, ciò che esso sprigiona. Marinai, profeti e balene è infatti soprattutto un’esperienze emotiva da vivere lasciandosi condurre dal protagonista. Così posso solo aggiungere l’invito ad appropriarsene senz’indugi e ad ascoltarlo più volte: non per capirlo, ma per lasciarsi conquistare dai suoi infiniti segreti.