Canzonette per l’estate
Ritmi ballabili, testi sognabili e trapuntati di positivismi elementari incrociati ai disincanti del reale che pressa, amore a carrettate, e naturalmente, ritmi ballabili e melodie frizzanti. Siamo alle solite: con l’estate le playlist delle radio e gli streaming internautici sono intasate di canzoncine bubblegum costruite per far da colonna sonora ai giorni dell’evasione, balneare o metropolitana che sia. È ancora presto per decretare quale sarà la canzone regina di quest’anno, ma i nomi che circolano sono quelli appena citati.
Col faccino pulito e lo sguardo innamorante, Riccardo Marcuzzi in arte Riki, sta tenendo botta alla grande, dimostrando così che ai talent come a Sanremo non è necessario uscire da trionfatori per sbancare i mercati. Sette brani per poco più di 20 minuti di musica, ma questo piccolo album, intitolato come il singolo guida Perdo le parole è uno dei pezzi forti di questa torrida estate 2017: un po’ di rap addomesticato, tastiere e bassi guizzanti molto pop, un furbissimo mix di ballate sognanti e di pezzi più grintosi per un prodotto che sta funzionando benissimo; ma il Nostro e il suo entourage sanno che tocca battere il ferro finché è caldo ed è già al lavoro per sfornare il second-out.
Anche perché la concorrenza mica sta a guardare. A cominciare da Gué Pequeno, all’anagrafe Cosimo Fini, milanese classe 1980. Già membro del gruppo Club Dogo, il giovanotto ha scelto partnership di livello e piuttosto trendy, come Sfera Ebbasta e Marracash, ma anche un vecchio marpione come Enzo Avitabile. Rispetto a Riki è più stagionato ed ovviamente vanta un curriculum ben più consistente (cinque album all’attivo); soprattutto utilizza un gergo molto più ruspante e stradaiolo. L’ennesimo hip-hopper duro e senza peli sulla lingua, epperò perfettamente integrato nel sistema, senza neanche preoccuparsi delle contraddizioni.
Ricki & Gué, incarnano entrambi un cliché più che navigato: il primo rassicurante e buonista, l’altro più ombroso e vernacolare. Eppure entrambi fanno parte dello stesso format: il cosiddetto mainstream, ovvero ciò che sui mercati di massa tira, fa tendenza, e possiede intriganza sufficiente per sbucare dal mazzo – sempre troppo nutrito – delle offerte di stagione dei supermercati della musica. Altri ne seguiranno, prima ancora che calino le brume dell’autunno.