A Cannes vince l’Italia degli umili

In evidenza gente semplice e diseredata, mentre si aprono nuove vie, meno superficiali, per il cinema italiano. Protagoniste le donne

Non ce lo saremmo aspettati, forse. Ma i due film in gara, Lazzaro felice di Alice Rohrwacher e Dogman di Garrone hanno avuto ciascuno un premio: miglior sceneggiatura il primo, miglior attore, il secondo. Sono storie di gente semplice, ingenua, anche emarginata. Il Marcello di Garrone è un “canaro” dagli occhi dolci e miti, costretto a trasformarsi in un ribelle di fronte ai soprusi dei violenti. Ed occorre dire che l’interprete premiato, Marcello Conte, calabrese trapiantato a Roma dove ha fatto i mestieri più disparati, con l’aria stupita di chi conosce la vita e la sofferenza, è davvero lui tutto il film. Grande attore perchè uomo vero.

A Cannes, la giuria guidata dall’intelligenza di Cate Blanchett, l’ha capito. La favola di Alice Rohrwacher nell’Italia centrale degli anni Novanta, selvaggia e nascosta, fa emergere Lazzaro, felice di aiutare tutti ma anche una loro vittima. Un racconto alla ricerca di una perduta purezza. Ed è singolare che sia Lazzaro che Marcello finiscano come agnelli sacrificali forse per pagare il ritorno ad una antica bontà. Certo, si stanno aprendo nuove vie per il cinema italiano, meno superficiale e meno estetizzante e più autenticamente scavato.

Molto interessanti anche gli altri vincitori di una edizione dove le protagoniste sono state le donne: sulla passarella, in giuria, nelle manifestazioni anti-violenza dove spicca (?) la nostra Asia Argento. Dissapori con Hollywood, nessun premio ai quattro film francesi, sono altre novità. Dicevamo degli altri premi. La Palma d’oro è andata a Shoplifters del giapponese Kore-Eda Hirozaku, una indagine sugli affari di famiglia, una riflessione dolente su cosa voglia dire essere genitori, mentre il Gran Premio della Giuria se l’è preso Spike Lee e il suo BlacKkKlansman, coraggioso atto di denuncia sul Ku Klux Klan (mai morto in verità) con un poliziotto di colore infiltrato.

I bambini in modo speciale sono stati sotto i riflettori: dalla figlia di Marcello in Dogman al piccolo che nel libanese Capharnaum di Nadine Labaki (Premio della giuria) denuncia i genitori per averlo fatto nascere ad una vita miserabile. C’è da pensare, e parecchio.

Cannes è stato infatti nel 2018 il volto dei diseredati e dei sofferenti del mondo a tutti i livelli. Come ColdWar del polacco Pawel Pawlikowski, Premio alla regia, storia d’amore nel dopoguerra tra ideali e compromessi, valori e consumismo. Non sarà che l’onda lunga di papa Francesco abbia avuto senza volerlo una certa influenza? Wim Wenders ha presentato il suo Le pape Francois – Un homme de parole (con il nostro attore Ignazio Oliva nei panni di san Francesco), e del resto una certa aria di religiosità vagava in alcuni prodotti. Intanto aspettiamo i film in Italia e magari anche il sorprendente Don Chisciotte di Terry Gilliam, arrivato dopo vent’anni di attesa.

 

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