Cannes applaude Bellocchio

Il Traditore è l'unico film italiano in corsa in questa 72° edizione del Festival di Cannes dedicato al pentito Tommaso Buscetta, con la superba interpretazione di Pierfrancesco Favino,

Tredici  minuti di applausi  non sono pochi. Nel giorno in cui a Palermo si commemorava Giovanni Falcone, il regista piacentino ha presentato il suo Il Traditore, dedicato al pentito Tommaso Buscetta. Che con il giudice ha avuto un rapporto chiaro, di stima, tale da far capire cos’era Cosa Nostra e decapitare  la “cupola” di allora con decine di arresti.

Non è un film che esalti un eroe e Buscetta non lo è stato, anzi. Tuttavia è uno che ha avuto l’intuito, per salvare la famiglia e vendicarsi, di comprendere che, una volta estradato dal Brasile dove s’era rifugiato in Italia, la sola salvezza sarebbe stata quella di collaborare con la magistratura. Perciò per Cosa Nostra è diventato “il traditore”.

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Bellocchio filma un lavoro di passione civile, necessario in una Italia dove sembra che non si voglia ricordare il passato che invece può far luce sul presente, dato che la mafia è tutt’altro  che sconfitta.  E racconta con scioltezza in oltre due ore, senza mai perdere il ritmo. Alterna le scene familiari, tormentate dall’incubo della vendetta e delle morti, ad altre gelide (l’assassinio dei due figli di Buscetta), fermandosi ai grandi momenti teatrali del maxiprocesso in un’aula rissosa. Qui in un vero gioco delle parti i boss indossano la maschera del proprio ruolo, scambiandosi veleni, convinti ciascuno di voler far passare ai giudici come vincente la ”propria verità”. Cosa che non accadrà, per fortuna.  Una tragedia teatrale  in cui Bellocchio giustamente usa la musica di Verdi (il preludio del Macbeth e Va’ pensiero) con quella di Nicola Piovani che crea da una parte un “clima siciliano” e dall’altra attimi di tensione.

Bellochio, è chiaro, non sta dalla parte di Buscetta, come non c’è stato, ovvio,Falcone, il cui rigore morale è capace di far breccia in un uomo duro come il mafioso, e che pagherà con la vita. Ma presenta il “pentito” nei suo risvolti umani,di padre affettuoso e di marito infedele, di mafioso convinto ma anche talora fragile e discutibile nella sua sicurezza, come nel confronto con Andreotti.

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Il film asciutto e fluido si regge molto sulla interpretazione vincente di Pierfrancesco Favino, di una robusta cupezza mediterranea, ma pure d i tutto il cast come lo stralunato Totuccio Contorno  di Luigi Lo Cascio e il grave Falcone di Fausto Russo Alessi. Una ricostruzione fedele che passa dai tormenti di Buscetta alla falsa amicizia tra i mafiosi, dalla realtà della mafia di allora a quella attuale sottintesa e che falsamente può passare per ”buona” come nella scena notturna del gruppo che inneggia alla mafia mentre Buscetta e la polizia stanno a guardarli in macchina.

Anche un’altra sequenza rimane impressa. Mentre Falcone salta in aria, i mafiosi brindano. Suona il preludio lancinante del Macbeth verdiano. Il film di Bellocchio è anche un apologo morale. Il regista ha fatto centro.

 

 

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