Canguri, gamberi e… gestacci
Nel teatrino della politica, tra un canguro (ideato per saltare gli emendamenti alla legge di riforma del Senato) e un gambero (per cercare di ritirarli e di ripresentarli come se fossero degli ordini del giorno), si è consumato la settimana scorsa uno spettacolo sociologicamente e psicologicamente molto interessante.
Poco a che vedere con la politica, per la verità, e molto invece con quella frequente abitudine che vuole, da tempi immemori, che quando non si riesce ad usare il potere della parola o non ci si riesce a districare con tutte le possibilità offerte dal dizionario, si ritorni alle origini, facendo emergere i propri istinti primordiali, convogliandoli in gesti (meglio, gestacci) espliciti dal significato univoco (e volgare).
Di politico, dunque, tra insulti incrociati e cafonerie varie, si è visto poco. Strano, visto che gli attuali parlamentari sono da più parti ritratti come i nuovi padri costituenti (mentre alcuni di quelli vecchi, forse, si rivoltano nelle tombe), in quanto alle prese con la riforma del Senato, dunque responsabili di modifiche importanti alla nostra costituzione.
Alle risse da stadio, pardon, da Parlamento, abbiamo più volte assistito, in passato, in particolare quando i nostri commentatori televisivi liquidavano ironici gli scontri avvenuti in altri parlamenti, da quello ucraino a quello coreano, ricordando la non meglio specificata superiorità italica. Una superiorità forse ipotetica, soprattutto considerando che anche tra gli scranni di casa nostra, tra fette di mortadella, banconote sventolate, parolacce e gestacci vari, siamo da tempo abituati ad una forma espressiva alquanto deviata che, però, almeno in queste aule, non dovrebbe trovare casa.
Il risultato degli insulti pronunciati (o meglio, illustrati con tanto di gesti per consentire una efficace comunicazione a distanza in assenza di audio) dei senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna a due colleghe del Movimento 5 stelle è stata una blanda punizione: cinque giorni di sospensione, forse per evitare che desertino i lavori in vista delle votazioni del 13 ottobre. Ben altre sanzioni sono state date in passato per insulti forse minori, ma in fondo in un mondo sessista come quello politico un paio di gestacci alle parlamentari suscitano solo qualche sorrisino, tipo quello stampato sulle labbra del presidente Grasso mentre tentava, senza successo, di riportare l’ordine in aula. Per la cronaca, è stato deciso un giorno di sospensione anche per il senatore Alberto Airola del Movimento 5 Stelle (per insulti ad esponenti del governo e della segreteria d'Aula) e una censura per il gruppo della Lega e per il capogruppo del M5S Gianluca Castaldi.
Dopo la (blanda) reprimenda, si è tornati al lavoro, come scolaretti colti in fallo dal maestro, che prima tentano di difendersi con “Non sono stato io è stato lui”, e poi se ne stanno (più o meno) buoni buoni, fino alla prossima marachella. Dai nostri rappresentanti politici, tuttavia, è lecito aspettarsi di più. Si dirà che tali censurabili comportamenti sono lo specchio dell’Italia, ebbene allora questa è una Italia che va cambiata, migliorata, e quegli stessi attori che hanno dato vita a uno spettacolo inqualificabile, in un sussulto di dignità potrebbero, se volessero, impegnarsi per andare in scena al meglio delle loro possibilità. C’è bisogno di una scelta personale, ma anche delle pressioni del corpo elettorale!