In cammino verso l’unità
L’unità è dono della grazia. «Anche quest’anno – ha detto il papa mercoledì scorso durante l’udienza generale – siamo chiamati a pregare, affinché tutti i cristiani tornino ad essere un’unica famiglia, coerenti con la volontà divina che vuole ”che tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21). L’ecumenismo non è una cosa opzionale. L’intenzione sarà quella di maturare una comune e concorde testimonianza nell’affermazione della vera giustizia e nel sostegno dei più deboli, mediante risposte concrete, appropriate ed efficaci».
Il versetto del Deuteronomio “Cercate di essere veramente giusti” (Dt 16, 18-20) è il filo conduttore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il tema richiama la giustizia e la misericordia di Dio, «che divengono un imperativo per le comunità dei credenti, in un tempo come il nostro segnato da disuguaglianze crescenti e da un clima dimentico dell’empatia», spiega mons. Gnavi, incaricato dell’Ufficio per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e i nuovi culti della diocesi di Roma. Lo schema di preghiera per la settimana è stato preparato da un gruppo di cristiani indonesiani che vivono in un contesto multireligioso: nel Paese, la cui popolazione supera i 265 milioni di persone, l’86% si professa musulmano. Il 10% è costituito da cristiani di varie tradizioni.
Nel testo preparato congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, si legge: «In tutto il mondo, come cristiani, ci riuniamo in preghiera per crescere nell’unità. Lo facciamo in un mondo in cui la corruzione, l’avidità, l’ingiustizia causano disuguaglianza e divisione. La nostra è una preghiera unita in un mondo frantumato, per questo è incisiva. Ciò nonostante, come singoli e come comunità siamo spesso complici di ingiustizie, laddove, invece, come cristiani siamo chiamati a rendere una testimonianza comune in favore della giustizia, e ad essere uno strumento della grazia guaritrice di Dio in un mondo lacerato».
Di fronte alle tante ingiustizie che affliggono la società, «solo ascoltando la preghiera di Gesù “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21) possiamo testimoniare di vivere l’unità nella diversità. È attraverso la nostra unità in Cristo che saremo in grado di combattere l’ingiustizia e di offrire quanto necessario alle sue vittime». Solo attraverso l’unità, vissuta e testimoniata nel quotidiano, i cristiani possono essere segno dell’amore di Dio per il suo popolo. «Ci pentiamo dell’ingiustizia che causa divisioni, e come cristiani crediamo anche nella potenza di Cristo che perdona e guarisce. E così, ci troviamo uniti sotto la croce di Cristo, invocando sia la sua grazia per combattere l’ingiustizia, che la sua misericordia per i peccati che hanno causato la nostra divisione».
La Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani coinvolge tutti coloro che hanno sete di comunione e di dialogo. I momenti di preghiera – celebrati nelle diverse Chiese cristiane – offrono opportunità di incontro e di conoscenza. Molte sono le realtà ecclesiali che, in questi giorni, daranno vita a iniziative volte alla sensibilizzazione sui temi dell’ecumenismo e del dialogo.
Venerdì 18, papa Francesco ha presieduto i vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma ricordando, nel corso dell’omelia che «i cristiani dell’Indonesia, riflettendo sulla scelta del tema per la presente Settimana di Preghiera, hanno deciso di ispirarsi a queste parole del Deuteronomio: “La giustizia e solo la giustizia seguirai” (16,20). In essi è viva la preoccupazione che la crescita economica del loro Paese, animata dalla logica della concorrenza, lasci molti nella povertà concedendo solo a pochi di arricchirsi grandemente». Tuttavia, ha sottolineato: «Ciò non vale solo per l’Indonesia: questa situazione si riscontra nel resto del mondo. Quando la società non ha più come fondamento il principio della solidarietà e del bene comune, assistiamo allo scandalo di persone che vivono nell’estrema miseria accanto a grattacieli, alberghi imponenti e lussuosi centri commerciali, simboli di strepitosa ricchezza».
Citando s. Paolo, papa Francesco ha ricordato che i più forti hanno il compito di prendersi cura dei più deboli e che «la solidarietà e la responsabilità comune devono essere le leggi che reggono la famiglia cristiana». «È facile scordare l’uguaglianza fondamentale che esiste tra noi: che all’origine eravamo tutti schiavi del peccato e che il Signore ci ha salvati nel Battesimo, chiamandoci suoi figli. È facile pensare che la grazia spirituale donataci sia nostra proprietà, qualcosa che ci spetta e che ci appartiene. È possibile, inoltre, che i doni ricevuti da Dio ci rendano ciechi ai doni dispensati ad altri cristiani. È un grave peccato sminuire o disprezzare i doni che il Signore ha concesso ad altri fratelli, credendo che costoro siano in qualche modo meno privilegiati di Dio. Se nutriamo simili pensieri, permettiamo che la stessa grazia ricevuta diventi fonte di orgoglio, di ingiustizia e di divisione. E come potremo allora entrare nel Regno promesso?».
«Il culto che si addice a quel Regno», invece, «è una festa che comprende tutti, una festa in cui i doni ricevuti sono resi accessibili e condivisi». Ammettendo che tutto è dono e non diritto si arriva a riconoscere «il valore della grazia concessa ad altre comunità cristiane. Di conseguenza – conclude il papa –, sarà nostro desiderio partecipare ai doni altrui. Un popolo cristiano rinnovato e arricchito da questo scambio di doni sarà un popolo capace di camminare con passo saldo e fiducioso sulla via che conduce all’unità».