In cammino verso la sinodalità
«Dobbiamo lasciarci ferire dalle domande e vedere che cosa emerge dalla raccolta dei sogni e delle critiche». Le parole di monsignor Erio Castellucci, arcivescovo abate di Modena Nonantola, vescovo di Carpi e membro del Gruppo di Coordinamento del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, risuonano nella grande sala dell’hotel romano che ha ospitato, dal 13 al 15 maggio, i lavori del secondo appuntamento nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale in Italia. La riunione, che si è svolta dal 13 al 15 maggio, ha visto la presenza di 242 referenti (sacerdoti, laici, diaconi, religiosi) e di dodici vescovi delegati delle Conferenze episcopali regionali.
«Le parole di monsignor Castellucci esprimono il senso e lo scopo dello stile sinodale che le diocesi hanno sperimentato nel primo anno del cammino – racconta Paolo Bustaffa, referente della diocesi di Como -. Stile che sempre più si rafforza e diffonde vincendo fatiche e superando difficoltà. Sono parole che racchiudono la passione suscitata dallo Spirito che ha accompagnato la fase sinodale dell’ascolto e che si è rivelata un segno bello e promettente della Chiesa che cammina e accoglie. Monsignor Castellucci a questo proposito ha offerto la suggestiva immagine di una “Chiesa camper” che attraversa i terreni dell’umano e i paesaggi dell’anima per raccoglierne la bellezza, le domande e le fatiche, per scorgere tra le pieghe della cronaca e della storia il desiderio di Dio, per accompagnarne la ricerca e l’incontro».
Il primo anno del “cammino di ascolto” è confluito in una sintesi che è stata consegnata ai referenti diocesani: due giorni di lavoro sono serviti a mettere a punto le riflessioni che sono arrivate dalle diocesi italiane: più di 200 contributi che, a loro volta, hanno raccolto il cammino e l’esperienza delle varie diocesi. Quella sintesi sarà consegnata ai vescovi italiani che si riuniranno a Roma dal 23 al 27 maggio. Per due giorni, parteciperanno anche i referenti regionali, due per ogni regione: un incontro tra vescovi e laici che diventerà il punto di partenza per il percorso futuro. La tappa successiva sarà il Congresso eucaristico nazionale in programma a Matera dal 22 al 25 settembre.
«Le diocesi italiane hanno fatto un grande lavoro – spiega monsignor Franco Manenti, vescovo di Senigallia –, il Sinodo ha coinvolto molta gente, sia all’interno che all’esterno della Chiesa. C’è stato grande entusiasmo e questo ha prodotto una riflessione interessante e stimolante. Il documento che ne è scaturito non ha la pretesa della sistematicità, ma offre una lettura importante della realtà. Questa prima tappa ha dato una grande libertà di dire e di guardare la Chiesa. Si sta crescendo nella comunione e questo crea le condizioni per raccontare. Noi vescovi ripartiremo da questa consegna preziosa, con la prospettiva di dare un contributo per un nuovo percorso. Come ogni “percorso” chiede pazienza e perseveranza: ci saranno passi in avanti, rallentamenti, stanchezza. Ma se si ha la prospettiva di un approdo, la si affronta con maggiore forza». «Stiamo riscoprendo l’essenziale del nostro essere Chiesa – aggiunge monsignor Cesare di Pietro, vescovo ausiliare di Messina – nella logica dei tralci uniti alla vite. La Chiesa è alimentata dallo Spirito Santo. L’avevamo ridotta a un’azienda, non condividendo ciò che di bello abbiamo. Il Sinodo è per noi un “ponte”, è la Chiesa che si fa dialogo per mettersi in ascolto del mondo».
«Come Chiesa italiana abbiamo delle diversità, ma tante cose in comune – spiega Giulia De Pra, della diocesi di Belluno –, nella sintesi risuona l’esperienza vissuta nelle varie chiese e ci accorgiamo che tante cose sono nell’esperienza comune. Il metodo di lavoro del Sinodo ha fatto emergere la vita vera e le nostre comunità lo hanno accolto con gioia: tanti ci chiedono di continuare a vivere questa esperienza dei gruppi sinodali, momento di condivisione autentica e di comunione nella Chiesa». Giulia fa parte della comunità Nuovi Orizzonti e lavora in una delle comunità fondate da Chiara Amirante.
Eugenia Travo proviene dalla diocesi di Aqui, in Piemonte. «Questi giorni sono stati un’esperienza di Chiesa dinamica e vivace, una Chiesa aperta alle novità dello Spirito Santo – afferma -. Arrivare qui dopo aver compiuto un pezzo di strada nelle diocesi, ci ha fatto proprio toccare con mano la dinamicità del camminare insieme. Una chiesa, “popolo di Dio” composta da vescovi, sacerdoti, consacrati e laici che legati dall’unico sacerdozio battesimale si vuol lasciare trasformare da Cristo presente tra due o più uniti nel Suo nome e presente nell’ umanità. Una Chiesa che accoglie e si lascia accogliere, in una reciprocità che porta alla fratellanza. Una Chiesa che non nasconde le tensioni e i conflitti ma che si pone davanti a questi trasformandoli in anelli di congiunzione che costruiscono unità.
Sinodo è “camminare insieme” e nei lavori di questi giorni ci siamo resi conto che questa dinamicità richiede il coraggio di lasciarci scombinare i piani uscendo dai nostri “nidi caldi e sicuri” che paralizzano e bloccano. Questo processo sinodale ci permette di passare da tanti “io” ad un “noi”: è un cammino faticoso, ma entusiasmante che ci dice “continuate con coraggio: fermatevi, ascoltatevi e lasciatevi guidare alla realizzazione di una Chiesa sempre più ad immagine di Gesù”».
La conclusione nelle parole di Paolo Bustaffa: «Ora il discernimento è affidato ai pastori perché possano indicare le priorità pastorali sulle quali concentrare l’impegno futuro: l’attesa e la fiducia sono grandi. Ed è bello intravvedere i cammini diocesani intrecciarsi con quello nazionale e con quello universale».
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