Camilleri unisce l’Italia
Così Andrea Camilleri 93 anni, se n’è andato stamane dopo una rapida malattia, a Roma, dove viveva dal 1949. «Non voleva più vivere», mi dice un amico regista, temendo di non ristabilirsi più. La cecità era sopraggiunta alcuni anni fa ma l’indomabile siciliano di Porto Empedocle nell’agrigentino aveva lottato, dettando i suoi ultimi libri. L’anno scorso, al Teatro Greco di Siracusa, aveva esordito con il monologo Conversazione su Tiresia, dialogando con il celebre indovino cieco dell’antichità. Il 15 luglio di quest’anno a Caracalla avrebbe dovuto recitare un altro monologo: Autodifesa di Caino.
Scrittore, poeta – stimato da Ungaretti e Quasimodo – , sceneggiatore in Rai, pieno di passione politica, regista teatrale (ha portato per primo in Italia alcuni testi di Ionesco e Beckett), docente di regia, Camilleri ha avuto il successo mondiale a partire dagli anni Novanta del secolo scorso con il personaggio del commissario Salvo Montalbano, le cui vicende sono ambientate in un paese immaginario, Vigata, in Sicilia. Il fenomeno Camilleri esplode nel 1998 dopo il libro “Un mese con Montalbano” che diventa una serie televisiva diffusa in 120 nazioni e interpretata da un bravissimo Luca Zingaretti, che ha dato forma al personaggio inventato dallo scrittore. Montalbano non è bello, non si sente qualcuno, ma è espressivo, dai modi spicci, molto ”siculo” nel fare e nel parlare quella lingua inventata da Camilleri: un italiano sicilianeggiante, che unisce ad una struttura italiana di base i vari dialetti siciliani, creando un contatto immediato di simpatia con il pubblico. Anche perché le storie son brevi, rapide, ricche di colpi di scena: non annoiano mai. Sobrietà, chiarezza, dinamismo: ecco forse il segreto del successo. Così anche Camilleri, come Gadda, ha creato una nuova lingua, e un nuovo modo di essere attraverso storie e personaggi ed un linguaggio che di fatto hanno unificato l’Italia. Ha fatto politica anche, come desiderava, il nostro Camilleri.