Camerun: il presidente scomparso è tornato

Il presidente camerunese Paul Biya, 91 anni, è scomparso dopo l’ultimo vertice Africa-Cina organizzato a Pechino (Focac summit) dal 4 al 6 settembre. Non era tornato nel suo Paese. Un presidente in carica che scompare senza dare segni di vita per settimane è un inedito. Poi, dopo 49 giorni, è finalmente riapparso lunedì 21 ottobre a Yaoundé.
Il presidente del Camerun Paul Biya (al centro) saluta mentre arriva all'aeroporto internazionale di Pechino Capitale, prima del vertice del 2024 del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac) a Pechino, Cina, 4 settembre 2024. EPA/WU HAO/POOL

Senza alcuna notizia del presidente della repubblica per settimane, la classe politica e la popolazione camerunese si sono lanciate nella speculazione. Alcuni addirittura annunciandone la morte, goffamente smentita da alcuni funzionari. Giungendo addirittura a lanciare la macchina della censura sui media locali e vietando loro formalmente di parlare del presidente, pena pesanti sanzioni. Questa ennesima scomparsa ha lasciato dubbi e incertezze sul suo stato di salute. Dov’è stato per tutto questo tempo? Non è però una vera novità: Paul Biya, 91 anni (il presidente in carica più anziano del mondo) è noto per trascorrere gran parte del suo tempo in Occidente, in particolare in Svizzera dove soggiorna abitualmente. La notizia ha comunque fatto il giro del mondo. I media nazionali e poi internazionali ne hanno parlato molto. Nessuno sa di cosa soffre né se potrà ancora guidare il Camerun.

Il camerunese Paul Biya non è però l’unico presidente africano campione di longevità al potere. Si può gestire un Paese a 91 anni? Gli esempi di rinuncia al potere sono innumerevoli in tutto il mondo. L’ultima è quella del presidente americano Joe Biden che, data l’età avanzata, ha rinunciato a candidarsi per un secondo mandato. C’è stato Nelson Mandela, papa Benedetto XVI

L’età del presidente Biya rappresenta un handicap per la guida del Camerun. E probabilmente oserà spingersi oltre candidandosi per un ottavo mandato nel 2025, se verrà candidato dal suo partito (Rdpc). Probabile, quasi certo.

In caso di vacanza della presidenza della repubblica, tutto fa pensare che nulla sarà facile. Poiché il presidente del senato Marcel Niat Njifenji ha 90 anni, il presidente dell’assemblea nazionale Cavayé Yeguié Djibri ha 84 anni e Luc Ayang del Consiglio economico e sociale ne ha 77. Una vera gerontocrazia!

Nella maggior parte dei Paesi africani, purtroppo, i leader non sembrano preoccuparsi della loro età avanzata. La longevità al potere sembra essere stata la norma per almeno 30 anni. Ricordiamo la guida libica Muammar Gheddafi con 42 anni di “regno”, il presidente egiziano Hosni Mubarak, il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe (92 anni) da 35 anni al potere, Omar Bongo, Idriss Deby 31 anni di presidenza… e oggi abbiamo Obiang Nguema della Guinea Equatoriale da 35 anni alla guida del Paese, Paul Biya del Camerun con 41 anni alla guida dello Stato, il congolese Sassou Nguesso che somma 39 anni (da quando è tornato al potere dopo essere stato cacciato nel 1993): presidente dal 1979 al 1992, poi dal 1997 ad oggi grazie ad una nuova Costituzione che gli permette di candidarsi per un altro mandato. In Uganda, Yoweri Museveni è al potere dal 1986, 38 anni di regno incontrastato. Gli oppositori vengono cacciati, imprigionati, uccisi come in diversi Paesi del continente. E le democrazie sono regni perché oggi è ormai di moda delegare il potere presidenziale al proprio figlio con un piccolo gioco di prestigio costituzionale!

È il caso del Togo in seguito alla morte del presidente Eyadéma nel 2005, il caso di Joseph Kabila nel 2001 in Congo (RdC) in seguito alla morte del padre, il presidente Laurent Désiré Kabila. È il caso del Ciad con Idriss Deby che succede al padre Idriss Deby Itno nel 2021, il caso del Gabon dove Ali Bongo ha preso il potere subito dopo la morte del padre Omar Bongo. Forse sarà così per la Guinea Equatoriale visto che il figlio dell’attuale presidente è vicepresidente… Forse sarà lo stesso scenario anche nell’altro Congo, dove il figlio di Sassou Nguesso occupa un posto di alta responsabilità. Stessa cosa per l’Uganda…

I politici africani hanno recentemente pensato a una nuova forma di governo. Ironicamente parliamo di democratizzazione… ma siamo ben lontani dal modello desiderato e sperato all’inizio degli anni ’90 quando il vento di libertà proveniente da Est ispirò i pionieri della libertà dopo la caduta del muro di Berlino.

Sembrano finiti i giorni in cui le persone potevano aspirare ad un cambiamento. E le guerre in Ucraina e Gaza non aiutano le cose. I Paesi africani si stanno progressivamente dissociando dalla supervisione occidentale che promuoveva, con ipocrisia ovviamente (difendendo i propri interessi prima di preoccuparsi dei diritti umani) il rispetto delle libertà. La Cina e la Russia, la Turchia e l’Iran, persino la Corea del Nord, non ne sono troppo turbati.

Possiamo prevedere domani dolorosi per un Paese già segnato dalle guerre? Possiamo temere rischi ancora maggiori legati a ondate migratorie verso l’Europa? Certamente. Ma cosa possiamo realmente fare al riguardo? Dovrebbero trovare spunti di riflessione coloro che da più di 70 anni assicurano la “vigilanza” sui Paesi africani? I camerunesi aspettano, come sempre, ma non sperano molto se non altri mesi di sofferenza. E per molti la voglia di guardare altrove come hanno già fatto medici e infermieri, ed ora anche gli insegnanti.

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