California: il disastro del metano

Nei sobborghi di Los Angeles 2300 famiglie sono state evacuate per la dispersione dal suolo di gas naturale. Servirà ancora più di un mese per bloccare la perdita del giacimento a 300 metri sotto terra. Gravissime le conseguenze ambientali
Proteste in California (foto Ap)

Da questa parte dell’oceano pochi sanno che da tre mesi in California, nei sobborghi di Los Angeles, fuoriescono senza controllo da un buco del suolo 800 tonnellate al giorno di gas naturale, provocando la fuga di 2300 famiglie che abitavano nella zona e un impatto ambientale equivalente a quello di sei centrali a carbone, o del traffico di quattro milioni e mezzo di automobili o dell’allevamento di due milioni e 200 mila bovini.

 

La perdita è dovuta alla rottura a 300 metri di profondità del tubo che da 60 anni collega con la superficie il deposito Aliso Canyon di gas naturale, situato in rocce porose alla profondità di 2400 metri.

 

Il gas in pressione si è fatto strada dal punto di rottura del tubo fino a liberarsi nell’atmosfera da un foro di 7 pollici che in questi mesi, data la violenza del getto non si è riesciti ad otturare, come si fa di solito, pompandovi fango.

 

L’unico modo efficace – lo si è utilizzato per bloccare la perdita su un fondale di 1900 metri del pozzo Macondo del Golfo del Messico – consiste nel raggiungere il giacimento tramite una trivellazione parallela e tramite essa iniettare fango e cemento per ostruire alla base il tubo fratturato, per poi utilizzare il nuovo condotto per la gestione del deposito: la trivellazione è in corso da due mesi, ma servirà ancora più di un mese per raggiungere il fondo. 

 

La causa della rottura non è nota, ma ricordando che la California è zona ad alto rischio sismico, è facile presumere che sia dovuta a una maggiore fragilità del condotto col passare degli anni e ai movimenti del terreno.

 

La notizia del disastro è stata riportata dal Time International del 25 gennaio, su Internet si trovano le interrogazioni sul tema di due di senatori della California: molto poco per la rilevanza del fatto, sembra che vi sia un tacito accordo per sminuire la gravità del suo impatto ambientale, proprio mentre si è concluso l’anno più caldo degli ultimi secoli e la siccità affligge buona parte d’Europa.

 

Le conseguenze sul clima di questa perdita potrebbero rivelarsi più dannose dello sversamento di petrolio del pozzo Macondo: in questo caso non affiorano sulle onde grandi macchie scure né si possono fotografare sugli scogli gabbiani ricoperti di pece e non sembra che qualcuno intenda chiedere danni all’azienda colpevole della perdita.

 

Eppure, sebbene invisibile e inodore, se liberato nell’atmosfera il metano produce un effetto serra 25 volte superiore a quello dell’anidride carbonica, in cui converrebbe subito trasformarlo facendolo bruciare: stupisce il fatto che non si sia trovato modo di convogliare questa perdita in un’area sicura per incendiarla.

 

Dopo questo nuovo tipo di incidente, gli americani si pongono il problema della sicurezza dei 400 depositi dello stesso tipo presenti nel loro territorio, molti dei quali  costruiti da decenni: in particolare della sicurezza di quelli situati in zone ad alto rischio sismico.

 

Anche in Italia abbiamo depositi sotterranei di gas naturale, necessari per immagazzinare nei mesi estivi il gas in più necessario in inverno: sono in Lombardia, Emilia, Veneto, Umbria e Molise, alcuni in zone a rischio sismico.

 

C’è da sperare che dopo questo incidente coloro che hanno la responsabilità della loro gestione siano pronti a migliorare i sistemi di controllo e di sicurezza ed a prevedere una accurata manutenzione: provvedendo, quando questa già non esistesse, ad una seconda trivellazione di accesso per ogni deposito, da mettere in opera in caso di perdita.

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