Calcio e camorra
Già artefici della versione teatrale di Gomorra, Mario Gelardi e Giuseppe Miale di Mauro, tornano ad un teatro di denuncia firmando un altro affondo in una materia violenta.
Il gioco come metafora della vita, il calcio come unica possibilità per tirarsi fuori da una realtà di miseria. Santos è un racconto di Roberto Saviano, una denuncia delle connivenze tra criminalità organizzata e mondo del calcio. Racconta, come una radiocronaca, di quattro ragazzi napoletani, appassionati di pallone. Vengono assoldati dalla camorra con il compito di giocare in una piazza e avvisare al grido di «o’pallone, o’pallone!» quando avvistano la polizia o sospetti. I ragazzi faranno carriera, ma verrà il momento in cui si troveranno a scegliere da che parte stare: continuare nel guadagno facile con attività sempre più criminali o trovare il coraggio di ribellarsi.
Già artefici della versione teatrale di Gomorra, Mario Gelardi e Giuseppe Miale di Mauro tornano ad un teatro di denuncia firmando un altro affondo in una materia violenta. Offrono però un barlume di speranza, di riscatto, nel ragazzo che si salva inseguendo il sogno di diventare un campione. Nella scena di pannelli arrugginiti filtrano raggi di luce da alcune feritoie: come se questa volesse farsi spazio nelle vite dei ragazzi, e illuminarle. La messinscena corre a gran ritmo – forse un po’ troppo urlata dai giovani energici attori guidati dal “camorrista” Ivan Castiglione – e, nella seconda parte, vira verso calciopoli, parlando di partite truccate e scommesse clandestine.
Al teatro Ambra Jovinelli di Roma e in tournèe fino a marzo.