I Mondiali al calcio d’inizio
L’attesa è finita: definito da tempo il calendario delle partite dei discussi Mondiali di calcio di Qatar 2022, il calcio d’inizio della prima gara inaugurale, Qatar-Ecuador, avverrà domenica 20 novembre. Molteplici le “prime volte” e le peculiarità inedite, a cominciare dal fatto che quest’edizione è l’ultima ad ospitare 32 squadre, dato che dal 2026 diventeranno 48. Molte saranno le assenze di lusso, tra le quali spicca la mancata qualificazione della nostra nazionale e l’esclusione, da parte della Fifa, della nazionale russa a seguito dell’invasione dell’Ucraina.
Ribattezzati già comprensibilmente i Mondiali più controversi della storia, per la prima volta nella storia del calcio questi giochi non si disputeranno evidentemente in estate ma in inverno, viste le temperature estreme che arrivano fino quasi ai 50 gradi durante il giorno nel paese. La Fifa, grande organizzatrice, ha presentato inoltre l’edizione come “carbon neutral”, dichiarando che questa sarà l’edizione con meno emissioni di sempre. Peccato che secondo i colleghi del canale americano Bloomberg però i calcoli siano parziali e dunque inesatti, in quanto considererebbero solamente le emissioni di CO2 nei giorni delle competizioni. Per citare con esattezza la fonte, la reale impronta carbonica delle infrastrutture ammonterebbe a circa 1,4 milioni di tonnellate di CO2: l’equivalente delle emissioni prodotte in un anno da 180 mila famiglie americane.
A proposito di impatto delle infrastrutture: da quando nel 2010 fu assegnata l’edizione del mondiale 2022 al Qatar, sono stati costruiti 7 nuovi stadi nel piccolo Stato. Ora, la superficie del Paese ammonta a soli 11.571 km quadrati, per intenderci meno della metà della Sicilia (25.711 km2); agli stadi bisogna aggiungere la costruzione di un nuovo aeroporto, nuove infrastrutture per la mobilità, numerosi hotel e addirittura un’intera città: Lusail. Una domanda sorge spontanea, tra tante: era davvero necessaria la distruzione del paesaggio, solo per un mese di Mondiale? E con quali costi? L’organizzazione del Mondiale ha ovviamente precisato come a queste strutture sarà data nuova vita una volta terminata la competizione, ma è già in piano come uno degli stadi, il 974 Stadium, debba essere totalmente smantellato dopo la finale essendo composto da 974 container (da qui il nome) adibiti ad usi differenti.
Costi esorbitanti che immortalano un ulteriore record, nel Paese dove il Ppil pro capite è oltre i 112.000 dollari americani, facendone il quarto più ricco al mondo grazie ai suoi enormi giacimenti petroliferi. A stridere sono inoltre le evidenti controversie culturali difficilmente conciliabili: essendo un Paese di matrice islamica, il consumo di alcolici sarà vietato sugli spalti, con tanto di sollevazione degli sponsor. Eccezion fatta per le birre analcoliche Budweiser, all’interno del perimetro dello stadio. La decisione è arrivata proprio due giorni prima del fischio d’inizio, precisando però che l’alcol verrà comunque servito nelle zone hospitality dello stadio.
I Mondiali ci accompagneranno fino al 18 dicembre, e non a caso la nostra Serie A, come i principali tornei d’élite europei di calcio, si fermerà per riprendere il 4 gennaio: anche questo è un record. Un lungo e inedito periodo di sosta dalle competizioni dopo un vero e proprio tour de force che ha fatto fioccare infortuni su infortuni, tanto che molti grandi giocatori e campioni saranno costretti a saltare gli stessi Mondiali.
Tra le compagini impegnate, favorite la Francia di Mbappé e Benzema, il Brasile di Neymar e l’Argentina di Messi, senza escludere il pregevole palleggio di una Spagna zeppa di giovani talenti, la Germania sempre competitiva e il Portogallo di un Cristiano Ronaldo più noto ultimamente per le esternazioni che per le giocate. Come sempre tante le curiosità e le giovani promesse in campo: si va dal piccolo Ecuador, ammesso negli ultimi giorni con una curiosa penalità da scontare tra 4 anni, all’esordio assoluto del Qatar padrone di casa. Occhio al Senegal del grande Sadio Manè e dell’ex capitano del Napoli Koulibaly, vincitore dell’ultima Coppa d’Africa e ben cosciente che una vittoria sarebbe una prima storica per il continente africano. Presente anche l’Iran, investito dai tumulti interni, come del resto l’Egitto ed altri Paesi non certo brillanti sul piano dei diritti umani.
Uno spettacolo che non parte sotto le migliori premesse ma sul quale la Rai aveva già investito oltre 200 milioni per assicurarsi tutti i diritti delle partite da trasmettere in chiaro in tv. E se non è certo colpa della tv di Stato o tifosi appassionati la decisione di giocare il più noto evento al mondo di calcio in una terra fatta di petrolio, dollari e diritti calpestati di lavoratori persino morti per costruire gli stadi (se ne stimano 6500 in 12 anni), questa volta il pallone che andrà a rotolare sarà inevitabilmente sporco di sangue e accuse infamanti.
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