Calabria e Sicilia, la sanità può risorgere

Nei giorni clou della lotta alla pandemia, emergono gli errori commessi dai governi nel contrasto al coronavirus. Emergono anche le falle delle regioni del sud, da sempre più deboli e permeabili da sprechi, corruzione e inefficienze. In Calabria e in Sicilia gli episodi recenti all’onore della cronaca, ma anche i segnali di speranza
Sicilia Cure Covid Foto Francesco Militello Mirto/LaPresse

“L’Europa si attrezzi o arriverà una terza ondata”. L’allarme dell’OMS suona come un monito. Nei giorni scorsi, David Nabarro, inviato speciale dell’OMS, ha rilasciato un’intervista ai quotidiani svizzeri.
Nabarro ha imputato ai governi europei di non avere attrezzato sufficientemente le loro strutture sanitarie durante i mesi estivi, di non essersi preparati adeguatamente alla seconda ondata, realizzando le infrastrutture necessarie. Il virus, ancora una volta, sembra aver colto tutti di sorpresa. E dopo dieci mesi dall’inizio della pandemia, non avrebbe dovuto essere così.

Di contro, Nabarro ha parlato in termini positivi dei paesi asiatici, come la Corea, che hanno invece assunto dei comportamenti corretti. Ma la Corea ha un sistema Paese basato su un rigido controllo delle istituzioni sulla vita privata dei cittadini, sono stati imposti protocolli rigidi di controllo, un sistema investigativo e di tracciamento molto efficace, basato su procedure consolidate.
Non è facile, per l’Europa, applicare simili metodi che spesso potrebbero sconfinare anche nella violazione dei diritti della persona. Ne è una prova anche il sostanziale fallimento di “Immuni”, l’app ideata ed adottata dall’Italia per cercare di avviare un tracciamento della popolazione a rischio ed un monitoraggio della situazione contagi. È fallita, così come altre app e sistemi tecnologici adottati da altri Paesi europei.

Perché è accaduto? Perché l’Occidente tecnologico che immette quotidianamente milioni di dati personali nella rete, ha avuto un atteggiamento di sospetto nei confronti di una “app” che viene ritenuta tra le più sicure per ciò che riguarda il rispetto della privacy ed il trattamento dei dati personali ? Probabilmente perché i dati sulla “salute” sono i più sensibili e quelli che ciascuno vuole lasciare il più possibile alla sfera privata. Ma si punta lo sguardo anche sui deficit di sistema e sulla mancanza di personale addetto a gestire il sistema dei contatti e di rintraccio dei positivi. Il sistema di tracciamento è quindi sostanzialmente fallito e ormai anche la simpatica e martellante campagna televisiva per promuovere Immuni è cessata.
Le difficoltà del sistema sanitario hanno molti nomi, a partire anche dai tagli lineari operati in questi anni e dal limitato numero di medici (nonché di specialisti di alcuni settori, come anestesisti / rianimatori).

Ma le difficoltà del sistema sanitario sembrano essere più evidenti nelle regioni del Sud, parzialmente risparmiate dalla pandemia durante la prima ondata. E non era raro sentire commenti più o meno semplici, ma non privi di fondamento: «Per fortuna il virus ci ha risparmiato perché il nostro sistema sanitario non avrebbe retto»: parole sussurrate durante un caffè al bar, o più autorevolmente ripetute durante manifestazioni ufficiali, ma sempre con qualche timore: il virus sembrava aver allentato la sua morsa e tutti volevano tirare un respiro di sollievo. Non parlarne era una sorta di scongiuro malcelato.
Ma chi operava nel sistema sanitario sapeva che il virus non avrebbe concesso requie. Cosa che è puntualmente accaduta.

Così i “casi limite” di Calabria e Sicilia sono diventati, in questi giorni, la cartina di tornasole di un sistema sanitario dove non tutte le caselle sono a posto.
In Calabria la sostituzione di tre commissari, nell’arco di pochi giorni ed una regione che, dopo anni di commissariamento, non ha risolto i suoi problemi strutturali di sprechi e di inefficienze. Il caso dell’ospedale di Rosarno è solo la punta di un iceberg: i lavori sono iniziati nel 1976, è stato completato nel 1991, ma non è mai entrato in funzione. Era costato sette miliardi delle vecchie lire ed era, per la sua epoca, una struttura sanitaria all’avanguardia. Oggi è quasi un rudere andato in rovina, ma chi vive qui sa che la sanità calabrese ha davvero sprecato denaro in mille rivoli, senza che spesso nessuno paghi per ciò che è accaduto.

Dalla Calabria alla Sicilia, dove la polemica degli ultimi giorni è incentrata sul numero dei posti letto. Una polemica che è scoppiata a seguito della pubblicazione, sul quotidiano La Sicilia, di un audio del dirigente Mario la Rocca. La Rocca, dalla sua abitazione dove si trovava in isolamento causa Covid, invitava a caricare sul sistema nazionale tutti i dati relativi ai posti letto Covid disponibili negli ospedali dell’isola: «Oggi su Cross dev’essere calato tutto il primo step al 15 novembre. Perché oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto di terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede. Non è accettabile che noi si subisca ulteriori restrizioni perché c’è resistenza da parte di qualcuno ad aprire posti letto di terapia intensiva o ordinari».

Parole che hanno provocato subito una ridda di reazioni. La sollecitazione brutale del dirigente tradisce forse numeri non veritieri sulla sanità siciliana. La Rocca invitava a dare dei numeri diversi da quelli reali. Il presidente della Commissione Antimafia, Claudio Fava, ha subito chiesto chiarezza e sollecitato controlli dal governo nazionale. Ma la Rocca si è difeso spiegando che le sue parole erano uno stimolo a completare i lavori previsti e ad impedire che ci fossero lentezze e rallentamenti. L’assessore regionale alla sanità, Ruggero Razza, lo ha difeso sabato scorso nel corso di un’apposita conferenza stampa: «Il dirigente, in maniera un po’ forte, ha richiamato tutti alle proprie responsabilità, io penso che abbia fatto il suo dovere» ed ha chiesto al governo di mandare ispettori in Sicilia. E gli ispettori arriveranno. Intanto, da più parti, nell’isola, medici e operatori sanitari, denunciano le carenze e le difficoltà del sistema che sembra non reggere l’onda d’urto: anche il sistema di tracciamento, a causa dell’esponenziale aumento dei contagi, non riesce più a funzionare.

Eppure Calabria e Sicilia sono fucina di “eccellenze” che potrebbero far fare un salto di qualità: alcuni operano altrove, con risultati eccellenti. È siciliano, originario di Vittoria (RG) il ricercatore che ha coordinato il team statunitense che ha messo a punto il vaccino di Moderna, uno tra quelli a cui sui affidano le maggiori speranze di contenimento del contagio.

In Calabria, in questi giorni, c’è voglia di riscatto. E così circolano sui social le «notizie positive», quelle che pochi conoscono. Sono partite da Vibo Valentia e le riportiamo così come sono trascritte. «Il policlinico di Germaneto di Catanzaro – ha affermato il notaiovibonese Antonio Lo Schiavo sui social –è l’unico nel Sud Italia che pratica il trattamento di ossigenazione extracorporea Ecmo per il trattamento Covid. Qualche mese fa all’Annunziata di Cosenza il professore Bruno Nardò ha asportato un tumore al pancreas con tecnica totalmente laparoscopica mini-invasiva, effettuata per la prima volta in Calabria. Notizie soffocate nel mare di messaggi negativi sulla Calabria, che meritano però di essere condivise per dare onore alle tante intelligenze che qui esistono (e resistono)».

Bruno Nardo è originario di Vibo Valentia: l’intervento risale al luglio scorso. La notizia era arrivata ai giornali ed era stata riportata correttamente. Ma la «buona sanità» spesso suscita minore clamore.
I calabresi sanno che da qui bisogna ripartire, su questo bisogna puntare per superare inefficienze ataviche che affondano le radici nella mala politica e spesso nei rapporti occulti con fasce di criminalità. Ora queste notizie circolano sui social, incessantemente: «Questa – ha aggiunto Lo Schiavo sui social – è l’unica possibilità per la Calabria: valorizzare, selezionare, pretendere il merito, le capacità, le competenze in ogni istituzione e in ogni aspetto della vita civile ed economica di questa regione. Questa è l’unica rivoluzione che possono fare i calabresi».

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