Se cade il tabù dell’arma nucleare nella guerra in Ucraina
La guerra in Ucraina, tra incessanti e ignorate richieste di tregua, pone in evidenza il possibile superamento di quella “linea rossa” che fa scattare non solo la minaccia ma anche l’uso dell’arma nucleare.
È comprensibile l’atteggiamento di chi cerca di rimuovere perfino l’idea di questo tragico epilogo, considerando il conflitto in corso in Europa come un evento destinato comunque a finire prima o poi, prestando fede all’idea che valga ancora il terrore reciproco dell’apocalisse nucleare a impedire il peggio.
Evidentemente una credenza illogica nella “salvezza garantita dalla bomba”, come fa notare da tempo la Federazione americana degli scienziati atomici che avverte la vicinanza estrema del nostro mondo al punto di non ritorno.
Non è retorica, quindi, ma espressione di sano realismo il fatto che il papa nel messaggio di questa Pasqua 2022 abbia ripreso l’appello del famoso manifesto Russell – Einstein del 1955: «Metteremo fine al genere umano, o l’umanità saprà rinunciare alla guerra?».
Per approfondire tali questioni così decisive, l’Istituto ricerche internazionali Archivio Disarmo (Iriad) mette a disposizione gratuitamente diverse fonti sul proprio sito web, in base alla finalità di una ricerca indipendente che mira a diffondere conoscenza e consapevolezza sulle guerre e la ricerca della pace.
Abbiamo perciò sentito Maurizio Simoncelli, vicedirettore e cofondatore di Iriad oltre che autore di Città Nuova, sul pericolo effettivo delle armi nucleari con riferimento in particolare all’arsenale militare della Russia, oggetto dell’Iriad review pubblicata a marzo 2022. «Si stima che siano poco meno di 6 mila unità le testate nucleari all’interno dell’arsenale russo, all’inizio di febbraio 2022. Di queste, quelle utilizzabili sono circa 4.477 unità, di cui 1.588 sono quelle già schierate ed operative, considerando sia le armi strategiche sia le non strategiche» come spiega Alessandro Ricci, uno degli autori del mensile.
Nelle analisi seguenti alle minacce di Putin di usare l’arma nucleare si afferma la possibilità di far ricorso, da entrambi gli schieramenti, ai sistemi d’arma atomica di tipo tattico e “locale”. Di cosa si tratta?
Durante la Guerra Fredda del secolo scorso esisteva da parte NATO l’ipotesi di un uso di armi nucleari tattiche, dette anche di teatro, cioè di potenza e gittata ridotte (come le statunitensi B61, di cui ancora un centinaio dislocate in Europa, Italia compresa), per fermare un’eventuale attacco convenzionale dell’Armata Rossa, ritenuta più potente in quanto dotata in particolare di un enorme numero di mezzi corazzati che avrebbero potuto invadere l’Europa occidentale attraverso il Bassopiano germanico o la Pianura ungherese.
Da parte sovietica tali armi avrebbero avuto lo stesso scopo in caso di attacco occidentale. Comunque di fatto esisteva un vero e proprio “tabù” nucleare rispetto all’ipotesi di queste armi, al punto che fu installato il famoso “telefono rosso” tra Washington e Mosca, proprio per prevenire situazioni pericolose come quella dei missili di Cuba del 1962.
Cosa può accadere se crolla tale tabù?
Le affermazioni di Putin circa l’attivazione dello stato di allerta nucleare rilasciate all’inizio del conflitto e quelle più recenti del ministro degli esteri Lavrov circa la non intenzione di usarle rappresentano segnali contraddittori e per questo comunque preoccupanti, anche perché il possibile uso di queste armi nell’ambito di un conflitto di tipo convenzionale rappresenterebbe un’ulteriore, preoccupante escalation verso una guerra nucleare globale, da cui non ci sarebbero né vinti né vincitori.
Inoltre il Trattato di Non Proliferazione nucleare, sottoscritto anche dalla Russia, impegnerebbe sia a non minacciarne l’uso sia a non usarle contro Paesi che non ne sono dotati. Ma in guerra, come si è visto in questa come nelle altre, spesso le norme internazionali non vengono più rispettate.
Rientra in questa tendenza alla crescita della tensione la fornitura di armi della Cina alla Serbia da intendersi come un sostegno indiretto alla Russia?
La fornitura cinese di missili HQ-22 (sistema d’arma a terra per la difesa aerea) alla Serbia, Paese filorusso, è ufficialmente conseguenza di un ordine del 2019. Inoltre, Belgrado aveva già acquistato dei droni armati da Pechino negli anni scorsi. Di qui a dire che queste armi sostengano Mosca nel conflitto da cui la Serbia (sinora almeno) è estranea è quanto meno improprio. Rimane, comunque il fatto dell’ambiguità cinese.
La Russia possiede un arsenale tale da condurre una guerra per un lungo periodo?
Si può parlare di inadeguatezza dell’arsenale russo dal punto di vista qualitativo che si sta dimostrando nettamente inferiore rispetto a quello di provenienza occidentale. Dal punto di vista quantitativo la Russia, invece, ha una mole di sistemi d’arma superiore. Peraltro, Kiev ha un arsenale per lo più di fabbricazione sovietica/russa (come ovviamente pure Mosca), ma sta ricevendo copiose forniture da parte occidentale che, seppur con problemi di addestramento del personale all’uso di questi nuovi sistemi, si stanno dimostrando tecnologicamente superiori.
Inoltre, non va dimenticato che sino al 2014 molte componenti degli armamenti russi erano di provenienza ucraina, da cui non è arrivato più nulla da quell’anno in poi, parallelamente agli analoghi effetti delle sanzioni occidentali.
Per entrare nel dettaglio rimando al recente saggio “La politica della difesa russa nel XXI secolo: evoluzione e caratteristiche” di Alessandra Boccia, apparso nell’ultimo numero on line del mensile “IRIAD Review”.
Si può avere qualche dato per farsi un’idea?
Al momento dell’entrata in guerra, per fare qualche esempio, la Russia, “sulla carta”, possedeva 12.000 carri armati a fronte dei 2.600 dell’Ucraina, 30.000 veicoli blindati a fronte di 12.000, 1.400 aerei da attacco a fronte di 100, oltre 500 elicotteri da attacco a fronte di 34: una sproporzione di forze enorme.
Mosca può condurre quindi un guerra di lunga durata, rischiando però d’impantanarsi in un nuovo Afghanistan, di subire le conseguenze delle sanzioni e di logorarsi a vantaggio dell’altra superpotenza statunitense, che per bocca della sua amministrazione ha infatti preventivato un conflitto di tal genere, che, oltre a ricompattare la NATO (pure allargandola), metterebbe in crescenti difficoltà un partner prezioso per Pechino, il vero rivale del XXI secolo. Nel frattempo, la popolazione ucraina pagherebbe un tributo altissimo di vite umane, mentre anche in Russia la repressione di ogni forma di dissenso proseguirebbe, anche nei confronti delle famiglie dei caduti.
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