C di combattimento spirituale
Vizio, passione, malattia. Quante volte ne abbiamo sentito parlare. Ma quanto questo atteggiamento è gravoso per l’animo umano? Per raggiungere la perfezione cristiana occorre combattere ed acquisire le abitudini della virtù, e la Quaresima, assume anche le vesti di questo "tempo di purificazione", di combattimento spirituale. Ce ne dà una breve chiave di lettura il libro I vizi capitali di Dag Tessore di Città Nuova.
«Molti hanno sentito parlare dei sette vizi capitali, se non altro perché sono ormai entrati nel linguaggio comune. Alcuni forse richiameranno a alla memoria la Divina commedia, dove la distribuzione dei peccatori nell’Inferno e nel Purgatorio è basata, appunto sui sette vizi. Ma, se escludiamo tale conoscenza superficiale o puramente culturale, che cosa sappiamo di questo argomento? Conosciamo questi vizi e cosa ciascuno di essi veramente rappresenti? Ci è chiaro che cosa significhi vizio? E soprattutto: il cristiano di oggi sa ancora quale sia il lavoro concreto da intraprendere per liberarsi da queste sette malattie dell’anima?
«Paradossalmente quelli che i nostri Padri della fede chiamavano “vizi” per la mentalità di oggi appaiono oggi quasi come virtù: il piacere di mangiar bene, il saper farsi rispettare, l’orgoglio e la competitività, non sono forse la traduzione in termini moderni di gola, ira e superbia?(…) Ma innanzitutto, cosa significa vizio? La morale cristiana oggi è abituata a parlare più di peccati che di vizi. Ma per i Padri i peccati non sono altro che i sintomi e i frutti dei vizi, per cui – dicevano –, è chiaro che l’importante è “estirpare la radice dei vizi anziché i loro frutti”» (Giovanni Cassiano, Istituzioni cenobitiche, VIII, 20, 2)(…).
«Nella tradizione cristiana greca e latina il vizio viene denominato con vari termini:
Vizio o stato vizioso, deviazione morale. Mentre il peccato è un gesto ben preciso e concreto, legato quindi ad un oggetto, il vizio è un atteggiamento, è una predisposizione. Perciò il male del vizio non dipende dall’oggetto (per esempio che mi sono adirato e l’ho offeso), bensì dall’atteggiamento vizioso del soggetto (anche se mi adiro con me stesso o con la panchina, soccombo al vizio dell’ira).
«Passioni (in greco logismos): i Padri, soprattutto quelli del deserto, misero acutamente in luce come i pensieri e i moti psichici che si manifestavano e operano nella nostra mente non sono il nostro io, ma solo pensieri, per così dire, estranei a noi, e prodotti dalla percezione dei sensi che stimolano incessantemente la mente, provocando immagini, concetti, costruzioni mentali.
I vizi dunque non sono altro che questi pensieri, che si auto producono e riproducono, sfuggendo al controllo della coscienza, ovvero del nostro io consapevole.
«Malattia: i vizi sono malattie della psiche. Anche le scienze moderne chiama le malattie (allo stesso tempo somatiche e mentali)la depressione, isterismo ecc. L’assuefazione all’avidità, al denaro, al sesso, come pure la sfuriate della collera sono dunque vere malattie; il loro effetto sull’organismo psicofisico non differisce molto da quello, ad esempio, delle droghe pesanti. È importante dunque rendersi conto che i vizi, in quanto malattie, anche se in apparenza possono dare piacere , fanno male all’uomo, lo danneggiano.
«Abitudine: il vizio è frutto della ripetizione abituale. Abituandomi a non disciplinarmi mai nel mangiare a prendere sempre tutto ciò che mi si presenta o che desidero, creo in me, alla lunga, l’abitudine alla golosità e alla voracità, e il corpo stesso ne viene assuefatto. Abitusndomi sempre a parlar male degli altri, a giustificare me stesso, a disprezzare chi la pensa diversamente da me, alla lunga invidia e superbia diventano in me abitudini mentali e reazioni automatiche».