Buttare la vita

L'esistenza è come un fiore delicato. Se lo vogliamo difendere solo per noi, chiudiamo la mano e ci ritroviamo con un mucchietto di petali avvizziti.
margherita fiore

Quando Pietro ha dichiarato a Gesù che era il Messia, non si aspettava la sua spiegazione: «Hai detto bene! Tieni presente però che finirò in croce». È rimasto spiazzato. Ad alcuni greci che vogliono vederlo Gesù dà la stessa risposta: sarà «innalzato» sulla croce. Non conosciamo la reazione dei greci. La nostra sì. Come Pietro?
 
Per Gesù è l’ora della gloria, della piena rivelazione, della salvezza. Che si realizza nell’unità. Usa l’immagine del chicco di grano che muore per dare «molto frutto». Se non muore, «resta solo». Deve scoppiare per moltiplicarsi, se no, resta solitario. Gesù non sta inventando niente, racconta come vive da sempre col Padre e lo Spirito Santo. I tre sono la comunità modello proprio perché «muoiono» l’uno nell’altro, per amore. Questa è la loro «gloria», realizzano quello che nessuno riesce, la quadratura del cerchio: sono tre e sono uno. Buttano la vita e se la ritrovano tutta, piena.
 
Lo propone anche a noi: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv 12,25). Sembra assurdo. Facciamo una prova: la vita è come un fiore che Dio ci ha messo in mano. Se lo vogliamo difendere solo per noi, chiudiamo la mano e ci ritroviamo con un mucchietto di petali avvizziti. Se rischiamo di tenere aperta la mano, tutti possono ammirare il fiore, che resta fresco per noi. «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32).
 

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