Burundi, morto il presidente Nkurunziza
La notizia ha avuto l’effetto di una bomba nella regione. Il capo di Stato burundese Pierre Nkurunziza è deceduto all’età di 55 anni lunedì scorso.
«Il governo della Repubblica del Burundi annuncia con grande tristezza ai burundesi e alla comunità internazionale la morte inaspettata di Pierre Nkurunziza, presidente della Repubblica del Burundi, avvenuta all‘ospedale Cinquantenaire di Karuzi, a seguito di un arresto cardiaco», ha spiegato il comunicato firmato dal segretario generale e portavoce del governo, Prosper Ntahorwamiye.
Secondo il comunicato, Pierre Nkurunziza è stato in grado di parlare con coloro che lo attorniavano fino a domenica. Da qui la «grande sorpresa» di vedere improvvisamente peggiorare le sue condizioni di salute lunedì mattina.
La sua improvvisa scomparsa genera molte domande, a cominciare da quella che tutti chiedono: qual è stata la causa della sua morte? Diverse fonti spiegano che sarebbe stato positivo al Covid-19, proprio come sua moglie, Denise Nkurunziza, ricoverata all’ospedale privato Aga Khan, uno dei più famosi del Kenya dalla scorsa settimana.
Pierre Nkurunziza avrebbe guidato il Burundi fino al 20 agosto, quando sarebbe diventato la “Guida suprema del patriottismo”. Le elezioni presidenziali del 20 maggio scorso si erano svolte nonostante l’epidemia del coronavirus: migliaia di sostenitori si erano assembrati per raduni elettorali e il giorno delle elezioni gli elettori si erano ammassati l’uno contro l’altro in fila, senza alcuna vera misura preventiva.
Per settimane, il Paese è stato sospettato di nascondere la vera portata dell’epidemia e accusato di non aver adottato le misure necessarie per ridurre la contaminazione. Di conseguenza, ogni giorno vere e proprie maree umane hanno preso parte alla campagna elettorale e il team dell’Oms, accusato di «interferenze», è stato poi espulso dal Paese.
Il successore e designato delfino di Nkurunziza, Evariste Ndayishimiye, è stato eletto il 24 maggio per sostituirlo come capo di Stato, visto che il capo dello Stato aveva deciso di non candidarsi per la rielezione. La sua candidatura a un controverso terzo mandato nel 2015 aveva fatto precipitare il Paese in una grave crisi politica che aveva causato la morte di oltre 1.200 persone e costretto all’esilio 400 mila burundesi.
«Sotto il suo aspetto gentile, era un uomo spietato. Coloro che si frapponevano alla sua azione dovevano stare attenti», ha detto un parente. Per rafforzare il suo potere, non aveva esitato a dividere profondamente il Burundi e a isolarlo sulla scena internazionale.
Il governo ha annunciato sette giorni di lutto nazionale a partire da martedì scorso.