Buone maniere. Un investimento

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La signora del guardaroba era una persona semplice, ma tutt’altro che sprovveduta. Il giovane gradasso chiese senza convenevoli dove si trovassero, con termine non proprio aulico, i bagni. La donna non si scompose: I servizi sono in fondo al corridoio di destra. Troverà una scritta: Signori. Non ci faccia caso, entri lo stesso. Non tutti sono cresciuti in ambienti che hanno fornito buona educazione. E non basta la laurea, come sovente capita di costatare, a fare di un tizio un gentiluomo. Per di più, quello che frega tanti nostri concittadini è l’effetto imitazione. Ormai anche nei programmi televisivi della domenica pomeriggio sui canali del servizio pubblico si urla, si prevarica, si offende, con il discutibile intento di riprodurre la realtà senza infingimenti. Si riversa così nelle abitazioni davanti a occhi e orecchie di ogni età uno stile di vita greve e sguaiato. Anche molti uomini politici, in quest’arroventata, estenuante campagna elettorale, non stanno dando il meglio di sé. E così alcuni calciatori, altra categoria molto seguita dal pubblico. Troppe persone, perciò, si sentono sempre più legittimate ad adottare comportamenti e vocabolario da incivili. Lo richiede l’imperativo di non restare fuori sintonia dal gregge. Lo esige l’andazzo modaiolo di mostrarsi post-moderni, disinibiti, emancipati. Lamentava già alla fine dell’Ottocento lo scrittore irlandese Oscar Wilde: È un grande inconveniente essere ben educati. Esclude da tante cose. Fa sempre piacere, invece, imbattersi in marziani che si muovono con educazione e stile, che sanno rapportarsi agli altri con cordialità e tatto. Quando si incontrano questi extraterrestri – ma sono di più di quanto appaia -, la giornata si illumina, quel gesto semplice corrobora lo stato d’animo e viene voglia di comportarsi allo stesso modo. Nessuna affettazione, nessun formalismo. In tempi di sacrosanta spontaneità, quelle persone fanno vedere che sostanza e forma stanno bene insieme. Anzi, che la prima ha bisogno della seconda, come un regalo di una pregevole confezione. L’avete sperimentato anche voi: se la richiesta di indicazioni è preceduta dalla parola magica per favore e formulata con tono pacato, la risposta è (quasi) sempre cortese. L’utilità sociale delle buone maniere – sostiene Roberta Mascheroni nel suo Corso rapido di Galateo (De Vecchi Editore) – sta proprio nel facilitare le relazioni umane. Anche oggi buone maniere e buona educazione vanno a braccetto. Alla loro base ci sono logica e buon senso. Eppure, gli educati, chi rispetta la fila, chi cede il posto sul bus, chi parla al cellulare con tono basso, sono ritenuti da certuni degli sprovveduti. In realtà, le buone maniere sono una cosa da furbi, perché insegnano a vivere bene con noi stessi e con gli altri, consiglia agli adolescenti Paola Dessanti ne Il manuale della buona educazione (Elledici). Le buone maniere sono perciò un investimento: mettono le persone a loro agio, si è trattati con attenzione e rispetto, attraggono persone e simpatia, evitano figuracce, valorizzano le qualità personali, correggono i difetti, non costano nulla. In nessun’altra epoca, soprattutto in alcune aree del pianeta, le persone hanno vissuto tanto insieme come oggi. Più si sta vicini, più si rischia di pestare i piedi, di trasformarsi in supplizio per gli altri, di oltraggiare lo spazio e la quiete pubblici, di rovinare la natura. In tempi di globalizzazione, conviviamo anche con persone di altre culture. Opportuno e intelligente conoscerne usi e costumi. Anche la loro presenza aiuta a riconsiderare in termini positivi la diversità di ciascuno, tanto in famiglia, quanto sul lavoro e in treno. La buona educazione ha al fondamento il rispetto e la considerazione dell’altro, titolare, al pari nostro, di tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale.Ma può avere motivazioni più profonde, se l’altro è considerato fratello in umanità, con una dignità immensa, perché unico e irripetibile. Per cui, non basta ascoltare, bisogna saper ascoltare; non è sufficiente salutare, occorre saper salutare; non convivere o sopravvivere, ma saper vivere con gli altri. Si tratta, in definitiva, di risultare un dono per l’altro. Un’arte da apprendere continuamente. BRICIOLE D’ARTE Salutare e sorridere. Può illuminare la giornata più buia. Lunga fila al supermercato? Chi è dietro di voi ha poco? Fatelo passare. Sarete un ricordo indimenticabile. Anche se siete un duro o una dura, interessatevi a chi vi sta di fronte. È impossibile dare l’elemosina a tutti. Ma è doveroso non guardare a muso duro chi la chiede. Solo la mamma è grata delle visite a sorpresa. Tutte le altre donne avvisatele prima. Due auto, un parcheggio. Cedere il posto è un avvenimento che l’altra persona racconterà. Ringraziare sempre chi vi ha fatto una cortesia. Chiedere scusa quando si sbaglia è un segno di grandezza. Siate gentili con chi occupa nella vita un posto meno importante del vostro. (Lina Sotis Il nuovo bon ton, Rizzoli)

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