Buona Pasqua da un economista
Non è banale né fuori luogo,mi pare, affermare che questi ultimi tempi, da un punto di vista economico siano stati proprio tempi di “passione”:continui sacrifici per cercare di ritirare su le sorti dell’Italia, per trovare le risorse necessarie a scongiurare il rischio fallimento, per raffreddare la dinamica del debito pubblico. Spesso con la percezione di una distribuzione non equa di tali sacrifici. Poi i prezzi che salgono continuamente, le tariffe sempre più esose e dall’altra i salari che rimangono al palo, la disoccupazione che cresce, il credito che è diventato un miraggio irraggiungibile. E l’incertezza verso il futuro, nonostante i sacrifici, continua a perdurare.
Eppure, mai come di questi tempi la riflessione sui limiti del modello economico che abbiamo scelto, più o meno consapevolmente, di implementare, di rafforzare e di abitare, si è fatta profonda. Ci si chiede, e con buone ragioni, quanto sarà sostenibile nel tempo uno stile di vita energivoro e intrinsecamente tendente alla diseguaglianza. Come potremmo rispondere alle legittime aspirazioni degli esclusi dal benessere? Come rimediare alla crescita economica che produce disoccupazione? Queste e altre domande simili non interpellano più solo, come era fino a qualche tempo fa, pochi economisti o sociologi eterodossi e un po’ marginali, ma diventano oggi riflessione comune, questioni condivise. Questo periodo di crisi, i tre giorni dopo la crocifissione, possono essere di più di un mesto intermezzo nell’attesa di una resurrezione a venire, possono diventare un periodo propizio, fecondo, nel quale alimentare i germogli del cambiamento. Non un tempo di inazione, quindi, ma di fermento. L’augurio che questo fermento possa rendersi concreto in nuove opere ma soprattutto in un nuovo sguardo che ci consenta di vedere il quadro (in mondo attuale) da fuori la cornice (come non è e come potrebbe diventare). Perché questa crisi non si risolverà con espedienti tecnici, con la variazione di un epsilon, con la taratura di parametri, ma solo con la rottura di uno schema, la cornice appunto, che troppo ha bloccato finora l’ispirazione dell’artista.
docente di Economia politica all'università di Cagliari