Una buona economia, l’umiltà da Nobel di Abhijit Banerjee e Esther Duflo

Un nuovo contributo della coppia di studiosi, marito e moglie, Nobel per l’Economia 2019, nell’analisi sul campo delle proposte su povertà, cambiamento climatico e migrazioni
Economia, Esther Duflo, left, and Abhijit BanerjeeAP Photo/Michael Dwyer)

L’economia incrocia le storie delle persone. Quante volte abbiamo visto le antenne satellitari installate nelle baracche di qualche periferia del mondo e noi, quelli nati dalla parte giusta, ci siamo scandalizzati. Come è possibile, ci siamo chiesti, che queste persone, che non hanno abbastanza cibo, usino gli aiuti umanitari per comprarsi il televisore?

Di queste e altre storie è ricco il libro “Una buona economia per tempi difficili” ad opera di due premi Nobel, Abhijit Banerjee ed Esther Duflo.

Lui indiano, lei francese, si sono conosciuti frequentando il corso di dottorato di ricerca negli Stati Uniti, e oltre a condividere il percorso accademico sono diventati marito e moglie.

I coniugi Banerjee sono specializzati nella lotta alla povertà: è da questa prospettiva che muove il loro lavoro, non solo teorico ma accompagnato da progetti concreti in vari Paesi in via di sviluppo. I due studiosi ci guidano dentro un percorso che attraversa i grandi temi dell’economia contemporanea, temi che incrociano le agende politiche dei governi: immigrazione, scambi commerciali, preferenze dei consumatori, crescita economica, cambiamenti climatici, transizione digitale, tassazione e contrasto alla povertà.

La narrazione pubblica e la percezione delle persone vengono confrontate con le teorie economiche e la verifica dei dati sul campo, spesso integrata da esperienze di persone incontrate dagli stessi autori.

Con questo approccio Banerjee e Duflo sfidano tanto i pregiudizi della gente comune quanto quelli dei loro colleghi economisti, spesso aggrappati a posizioni ideologiche. È un approccio umile, che cerca di comprendere cosa ha funzionato nelle ricette di politica economica e cosa è andato storto, mettendosi anche nella prospettiva di chi è sconfitto o sopraffatto dalle dinamiche economiche.

Ecco che si comprendono le storie come quella citata in apertura: la tv è più importante del cibo, racconta un uomo del Marocco, perché aiuta a combattere la noia di villaggi sperduti dove non c’è nemmeno un chiosco del tè per condividere una vita sociale. Gli studiosi si chiedono ma allora è uno spreco dare aiuti che non vengono usati per il loro scopo originale?  Il rigore dell’analisi scientifica mostra, dati alla mano, che si compra il televisore, ma poi si continua ad usare gli aiuti per il cibo.

Economia e immigrazione

Lo stesso rigore e concretezza lo troviamo in tutti i temi, a partire da uno scottante come l’immigrazione, con il suo portato emotivo e le diverse narrazioni che lo riguardano.

Le analisi dei dati storici mostrano che l’immigrazione non ruba lavoro ai residenti e nemmeno incide sui loro salari, se non in minima parte. Verifiche empiriche sono state fatte su gruppi diversi, dalla grande migrazione europea negli Stati Uniti dal 1910 al 1930 ai profughi cubani a Miami nel 1980. Se è vero che nuova manodopera può ampliare l’offerta di lavoro abbassandone il relativo prezzo (salario), la stessa manodopera alimenta nuova domanda di beni e servizi con un effetto che invece aumenta i salari.  Domanda e offerta vanno pertanto maneggiate con attenzione.

Migrare è faticoso e rischioso, spesso ragioni puramente economiche non spiegano il fenomeno, come mostrano i dati che vedono aree poverissime dell’India con pochissima emigrazione e Paesi non così poveri come il Messico che invece, per gli altissimi tassi di criminalità, osservano molte persone a partire.

Come pure è faticoso accogliere i nuovi arrivati: vivere insieme fra diversi è una competenza sociale che va acquisita e coltivata sin da bambini. Anche su questo punto esperimenti sul campo e analisi sulle dinamiche di convivenza mostrano i percorsi fattibili.

Economia, le cause delle diseguaglianze

Nel grande fenomeno della globalizzazione, sul quale  Banerjee e Duflo riconoscono gli effetti positivi di riduzione complessiva della povertà a livello mondiale, particolare enfasi viene data alla ricerca delle cause delle disuguaglianze, particolarmente evidenti nei Paesi sviluppati.

Con la chiave delle disuguaglianze, attuali o potenziali, possiamo trovare alcune domande salienti nel lavoro di Banerjee e Duflo: quali sono gli effetti del libero scambio sull’impoverimento di alcune aree dei Paesi ricchi? Perché da tanti anni in Occidente non si cresce nonostante il mantra della riduzione delle tasse? Come si possono aiutare gli esclusi dal mercato del lavoro? Che effetti hanno prodotto e potrebbero produrre i cambiamenti climatici?

Il lettore troverà molte risposte, non scontate, ma ancor più domande, perché su molti temi la stessa scienza economica, pur avendo fatto progressi enormi, non è ancora sufficientemente attrezzata e rimane molto lavoro da fare.

Ma i due studiosi, lavorando sul campo, ci raccontano anche molte storie in cui la buona economia funziona: è il caso delle zanzariere trattate con insetticida che hanno evitato 450 milioni di morti per malaria tra il 2000 e il 2015, un bacino di pesca in India dove con l’uso dei cellulari i pescatori hanno potuto migliorare decisamente le proprie condizioni di vita, grazie ad un efficiente incontro fra domanda e offerta;  ragazzi di Chicago, che semplicemente perché qualcuno crede in loro, riconoscendone la dignità, riescono ad uscire dalla spirale della povertà e della criminalità, aprendosi ad una vita di speranza.

E speranza è la cifra del questo contributo di questi due economisti che con pazienza ricercano e contribuiscono a farci comprendere e realizzare una buona economia, base per una vita dignitosa per tutti.

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