Buon 5774!
M’è sempre piaciuto pensare che l’anno in realtà inizia a settembre, con il rientro dalle vacanze, con il ritorno a scuola, al lavoro, con il riaprirsi delle attività commerciali e amministrative. Retaggio contadino? In un certo senso sì: una volta la vita era marcatamente regolata dal ripetersi dei cicli della semina, della crescita e del raccolto; poi veniva la vendemmia a concludere le danze, mentre nelle cantine e sotto le tettoie s’impilavano cataste di legna per scaldarsi d’inverno. Mentre il sole di settembre – il più poetico dell’anno – trastulla gli animi.
Sarà per questo che sento particolare sintonia con gli ebrei di tutto il mondo, per i quali il capodanno cade proprio in questo periodo, tra l’inizio di settembre e l’inizio di ottobre (il loro calendario è lunare e quindi mobile rispetto al nostro). E quest’anno inizia la sera del 4 settembre, quando scocca l’anno 5774. Già, perché secondo la tradizione ebraica, 5774 anni fa, in questo giorno, Dio creava Adamo ed Eva.
Una festa molto significativa: che celebra l’amore del primo uomo e della prima donna. L’inizio dell’anno ebraico non ricorda l’esordio della creazione, quando Dio squarciò solennemente le tenebre col soffio della sola parola: «Sia la luce!»; e neppure quando Dio concluse l’opera della creazione, suggellandola con la sovrana sacralità del riposo. No: l’inizio dell’anno è segnato dai due che per la prima volta si guardano e comprendono d’essere fatti l’uno per l’altra, osso delle propria ossa, carne della propria carne.
E che sono chiamati a realizzare sulla terra, appena sfornata, l’amore di Dio. L’Altissimo affida quindi il suo piano all’entusiasmo, ed anche alla fragilità, dell’amore umano: una dose notevole di fiducia. Così la centralità della vita e dell’amore tra l’uomo e la donna, che da quel giorno esplode con la benedizione divina – siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra – è ricordata in questo giorno solenne.
Che gli ebrei chiamano Rosh Hashanah, letteralmente “capo dell’anno”. È la festa che segna il legame speciale instaurato tra Dio e gli uomini. La chiamata al capodanno avviene con il suono del corno d’ariete, lo shofar, ricordo dell’animale sacrificato da Abramo al posto del figlio Isacco. Il suggestivo e atavico suono dello shofar da un lato proclama Dio, Re dell’Universo, dall’altro chiama al pentimento. Perché il festeggiamento della creazione della prima coppia umana coincide anche con il ricordo del… primo peccato, che avvenne assai presto.
Rosh Hashana inaugura i 10 giorni terribili che culminano nello Yom Kippur (giorno del pentimento), giorno nel quale, secondo la visione ebraica, il cielo è vicino come non mai alla terra, e la presenza dell’Altissimo è imponente. In questi 10 giorni penitenziali ogni ebreo deve analizzare la propria condotta sia verso Dio sia verso il proprio prossimo, in particolar modo verso i propri conoscenti. E se riconosce d’aver commesso dei torti verso qualcuno è tenuto a chiedere loro perdono (ed essi sono tenuti a concederlo, a meno di casi molto particolari).
In questi giorni, sempre secondo la tradizione ebraica, tutti gli abitanti della terra passano di fronte a Dio come un gregge di pecore «ed è decretato nella corte celeste, chi vivrà e chi morirà… chi s’impoverirà e chi diventerà ricco, chi cadrà e chi sarà innalzato». Il verdetto celeste viene emesso nel sacro giorno del Kippur.
La celebrazione di Rosh Hashana – evento festoso, ma come abbiamo ormai capito, anche momento di riflessione – dura due giorni, durante i quali vengono consumati in famiglia i pasti rituali. Nei quali non manca mai la mela intinta nel miele, augurio d’un anno colmo di dolcezza, e altri frutti, come il melograno, emblema di prosperità. In questo giorno è anche tradizione recarsi presso il mare, o un fiume, o un lago o una fonte d’acqua, e in essa gettare simbolicamente un sasso, evocando le parole del profeta Michea: «Egli tornerà ad aver pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati». Buon anno 5774 a tutti quelli che lo festeggiano: Shanà Tovà!