Bulgaria, spopolata e di frontiera

Prima tappa del viaggio di Francesco, che visita oggi anche la Macedonia del Nord. Ancora una volta il pontefice incontra una “periferia”, con problemi di ogni genere e un futuro incerto. La questione ortodossa

Anche stavolta il papa è rimasto fedele alle sue convinzioni: i suoi viaggi vanno verso le periferie, luoghi dimenticati, trascurati, abbandonati. E la Bulgaria un po’ sembra oggi la sorella povera dell’Europa, laggiù, verso il mondo islamico, senza risorse e prospettive. Così Francesco si è preoccupato in questa domenica dello spopolamento della Bulgaria, il Paese più colpito al mondo da un tale fenomeno, chiedendo un’azione per frenare l’emigrazione della gioventù e combattere l’inverno demografico.

La Bulgaria ha in effetti perso oltre due milioni di cittadini in trent’anni, arrivando allo «spopolamento e abbandono di molti villaggi e città», come ha ricordato Bergoglio. Secondo le Nazioni Unite, la Bulgaria, che ha sette milioni di abitanti, è presa in una spirale perversa di emigrazione dei giovani, bassissimi tassi di natalità e immigrazione di passaggio.

Per combattere il declino del tasso di natalità, il papa ha anche invitato le autorità a compiere maggiori sforzi per aiutare i giovani a costruire il loro futuro.

L’immigrazione è fortemente osteggiata dal governo di Boyko Borissov, che governa dal 2017 assieme a diverse formazioni nazionaliste, anche se concretamente i migranti non hanno intenzione di fermarsi se non in minima parte a Sofia e dintorni. Un fenomeno che interessa diversi Paesi nei Balcani e nell’Europa centrale. E non a caso, il papa ha voluto visitare anche un centro di accoglienza, invitando i bulgari, e quindi tutti gli europei, a «non chiudere le porte a coloro che bussano», a «non chiudere il proprio cuore a chi bussa», spingendosi fino a suggerire che lo sviluppo economico e civile del Paese passi attraverso un incontro tra diverse culture e religioni. «È facile erigere muri, ma è difficile costruire ponti», ha riconosciuto domenica il capo dello Stato Roumen Radev, vicino invece ai socialisti, assicurando all’illustre ospite che «la società bulgara non tollera il razzismo».

Altro capitolo della visita del papa, quello dell’ortodossia. L’accoglienza è stata cordiale, da parte delle autorità ortodosse, ma nulla più. Il momento più delicato della giornata del papa, in effetti, sembra sia stata la riunione a porte chiuse presso la sede della Chiesa ortodossa bulgara, con il patriarca Neofit e il suo Santo sinodo. Il papa e il patriarca si sono baciati tre volte in un’atmosfera rilassata e il patriarca ha pure ricordato il «rispetto reciproco», ma certamente sull’incontro aleggiava la decisione dello stesso sinodo di rifiutare qualsiasi forma di servizio religioso o di preghiera accanto al papa.

Cosicché il raccoglimento del pontefice nella cattedrale ortodossa Alexander Nevsky è stata solitario. Eppure il papa non ha esitato a richiamare all’unità. Ricordando i cristiani che «in questo Paese hanno patito sofferenze per il nome di Gesù, in particolare durante la persecuzione del secolo scorso», cioè «l’ecumenismo del sangue», ha chiesto «di non rimanere chiusi, ma di aprirci, perché solo così i semi portano frutto». Intanto, ha aggiunto, «siamo chiamati a camminare e fare insieme per dare testimonianza al Signore, in particolare servendo i fratelli più poveri e dimenticati, nei quali egli è presente». Cioè «l’ecumenismo del povero».

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