Bugie sulla pillola

Bugie sulla pillola Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del Movimento per la Vita e del Forum delle Associazioni familiari, annullando il decreto che autorizzava la commercializzazione della “pillola del giorno dopo”, e vietandone la diffusione. Nel foglio illustrativo, infatti, non si precisava in maniera sufficientemente chiara che «il farmaco agisce sull’ovulo già fecondato, impedendo le successive fasi del processo biologico di procreazione». Anche se il Tar – secondo il Forum – non entra nel merito della questione principale, poiché afferma di «non essere in grado di fissare il momento di inizio della gravidanza», tuttavia un primo passo è stato fatto dal momento che – osserva sempre il Forum – «è stata smascherata la menzogna di chi vorrebbe far passare per contraccettivo un prodotto che contraccettivo non è, in quanto sopprime un embrione». Tutela tv per minori «La legislazione dà giusta rilevanza alla tutela degli aspetti fisici della sessualità dei minori, ma non ne protegge gli aspetti psichici e morali», osserva Franco Avenia, direttore della Rivista di sessuologia. A questo proposito, alcuni senatori appartenenti a diversi schieramenti, in accordo con il Moige (Movimento genitori), si sono attivati per trasformare in legge il codice di autoregolamentazione tv per la tutela dei minori. Nel disegno di legge sono previste sanzioni economiche molto severe per le emittenti che violino le disposizioni previste: oltre 400 milioni di lire in caso di prima violazione, oltre un miliardo in caso di recidiva, e sospensione delle trasmissioni fino a 48 ore. G. P. Le domande dei piccoli I coniugi Mick Manning, inglese, e Brita Granstrom, svedese, sono tra i pochi nel mondo ad occuparsi di divulgazione per la prima inf a n z i a . Premiati di recente con il Premio per l’Ambiente 2001, possiedono uno stile preciso e divertente. Di loro segnaliamo E io dove stavo? (Editoriale Scienza, pp. 32, Euro 12,65), una tenera,rassic u r a n t e , s p i r i t o s a guida alle d o m a n d e che il bambino si fa su sé stesso (o su u n fratello/una sorella in arrivo), che racconta la storia della nuova vita dal concepimento alla nascita. Ogni stadio è spiegato con deliziose illustrazioni e semplici spiegazioni, offre spunti per parlarne insieme (tra bambini, con mamma e papà) ed è ricco di informazioni scientifiche di base. Il suo punto di forza e di novità sta nella capacità degli autori di immedesimarsi nei piccoli, di guardare il mondo dal loro punto di vista: è un libro scritto proprio per il bambino a cui si sta leggendo, da rileggere e riguardare tante e tante volte. Un libro da condividere. Lasciare la casa «Ho trentadue anni, sono figlio unico e vivo in casa coi genitori. Con loro vado molto d’accordo, ma, sento, la necessità di prendere in mano la mia vita, e diventare adulto. Ho un lavoro che mi piace, anche se non molto redditizio e stabile, e mi sto chiedendo perché non cercare uno spazio veramente mio, personale, autonomo da gestire… I miei però, appena accenno un po’ la cosa, mi frenano, dicendo: “Sono soldi buttati via, faresti meglio a pensare a sposarti!”. Vorrei non avere dubbi e sensi di colpa…». Emanuele Leggevo recentemente che la “famiglia lunga del giovane adulto”, di cui si sente tanto parlare, è caratterizzata dalla scarsa conflittualità e dall’alta vicinanza emotiva tra figlio e genitori. E ciò non aiuta i giovani a crescere, ad emanciparsi. Perché questo sia possibile infatti, dicono gli esperti, è necessario un certo distacco psicologico dai genitori, pur conservando nell’animo gratitudine nei loro riguardi. Per questo in alcuni casi, arrivati ad una certa età, può essere utile allontanarsi proprio anche fisicamente. In alcuni paesi europei, appena un figlio raggiunge la maggiore età, è normale, anzi in certo modo quasi si sente costretto a lasciare la famiglia, secondo una corrente della pedagogia moderna per la quale la vita si impara dalla vita e non rimanendo protetti ed accuditi in famiglia. A me sembra però che per crescere e, come dici tu, “prendere in mano la propria vita”, non basta riuscire a gestire un appartamento. Intanto, forse, potresti sforzarti di confrontarti un po’ di più coi tuoi genitori, spiegando i tuoi bisogni, e facendo valere le tue scelte. Il vero atteggiamento autonomo, infatti, per usare le parole di uno psicologo che scrive spesso anche su queste pagine, “consiste nell’assumere la libertà e la responsabilità delle proprie azioni, anche se possono talvolta non essere condivise dai genitori”. La tua lettera mi ha fatto ricordare la mia esperienza personale, che tuttavia è diversa, in quanto io ho lasciato i genitori perché mi sono sposata. Quando ho lasciato la casa dei miei, per andare a vivere in una città distante da loro, pur nella gioia di correre a vivere una nuova avventura sognata da tempo, c’era il dispiacere del distacco. Così adesso, quando abbiamo la fortuna di poter trascorrere di nuovo un periodo insieme, ogni volta che ci dobbiamo salutare, si rinnova quel primo addio. Per me, però, questo “lasciare padre e madre” ha un senso e un valore molto più profondo del semplice voler dimostrare a me stessa di sapermela cavare da sola. Quel taglio mi ricorda che ho detto di sì ad un nuovo progetto d’amore coinvolgente, che ha dato vita ad una nuova famiglia, che mi consente soprattutto di aprirmi e donarmi di più agli altri, al marito, ai figli, e ad ogni prossimo. Penso che diventare adulti, forse, significhi proprio questo: imparare a dimenticare sé stessi per amore degli altri, cominciare ad essere a nostra volta sorgenti gratuite d’amore, come lo sono stati per noi i nostri genitori. Ora non abbiamo spazio per continuare il nostro dialogo, ma le lettere di altri, giovani e adulti, potranno darci occasione per sviluppare come merita un tema così vasto.

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