Brucio nel vento

In Pane e tulipani, di Silvio Soldini, si sarebbe potuta cogliere, sotto i toni accattivanti della commedia, la convinzione di poter sfuggire al grigiore della vita quotidiana, andando oltre i limiti di quanto è comunemente accettato. Quest’idea ritorna esasperata nell’attuale Brucio nel vento, il cui stile diventa esigente ed essenziale, non più adatto a richiamare un pubblico vasto. Ma l’autore conta che molti sappiano riconoscerlo ed apprezzarlo nei motivi fondamentali della sua ispirazione. Il film, tratto dal celebre romanzo ungherese Ieri di Agosta Kristof, è stato girato con un cast tutto straniero, ed ha una sua originalità. Espone una storia d’amore dai risvolti assai cupi ed è ambientata nel mondo degli immigrati dell’Est in una Svizzera precisa e fredda. Il protagonista, che ha tagliato i ponti con un passato assai infelice, è disperatamente alla ricerca della propria identità e brucia per il desiderio di ritrovarsi, nella speranza di incontrare la donna ideale, che chiama Line. La troverà, ma scoprirà che è sua sorellastra. Le atmosfere familiari delle strade e degli interni e l’autenticità delle persone incontrate sono descritte con capacità non comune, in maniera semplice ed incisiva. Sulla normalità di tale sfondo si staglia la personalità del giovane, interpretato da Ivan Franek, che riesce a rappresentare con vero talento la ricerca ossessiva e solitaria. La narrazione raggiunge una dimensione visionaria, cui contribuiscono il pensiero espresso da una voce fuori campo, lo sguardo sempre più astratto e folle, le rime delle composizioni, eleganti e pessimiste. Il mondo di questa particolare nevrosi dovrebbe essere il pretesto, nell’intenzione dell’autore, per un discorso metaforico su un processo di liberazione estrema. È l’aspetto più delicato del film. Forse perché il racconto resta agganciato al reale e l’incesto non può essere nella realtà un passaggio alla poesia, ma la forma di un dramma psicologico, che non può che sfociare nella perdita della lucidità della mente, divenuta succube di eventi psichici troppo grandi. Ne è prova la vertigine dei versi recitati, quando i due sono vicini alla meta. I contrasti della situazioneincestuosa, che nei miti antichi avevano una potenza ed un’economia loro nelle vite degli dei lontane dall’uomo, nella realtà finiscono per schiacciare i comuni mortali, rendendoli come burattini esposti anche a tentazioni omicide. Regia di Silvio Soldini; con Ivan Franek, Barbara Lukesova. Raffaele Demaria

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