Brigatisti in Francia. Ha senso punire dopo lungo tempo?

L’operazione di polizia in Francia che ha portato all’arresto di 9 ex-terroristi di Br, Lotta continua e NAC è un’operazione eminentemente politica, e non solo giudiziaria. Al di qua e al di là delle Alpi
Francia

Dopo aver trascorso la notte nei locali della polizia giudiziaria in una caserma a Nord di Parigi, sono stati trasferiti nel centro della capitale, nell’isola della Cité, Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti, Roberta Cappelli, Narciso Manenti, Sergio Tornaghi, Marina Petrella, Giorgio Pietrostefani. A loro si sono aggiunti Luigi Bergamin e Raffaele Ventura, due dei tre ex terroristi rossi irreperibili dopo l’ondata di arresti di ieri mattina in Francia, costituitisi a Parigi alla presenza dei loro legali. Alla fine di una lunga giornata di udienze e avvocati, i 9 sono stati messi in libertà vigilata, in attesa della decisione sulla loro estradizione. Il processo si annuncia lunghissimo, dai due ai tre anni, per giunta senza la certezza di un esisto positivo della richiesta italiana.

L’operazione di polizia, intendiamoci bene, è innanzitutto una manovra politica, più che giudiziaria o di ordine pubblico. Sia in Italia che in Francia. La pericolosità dei sessantenni arrestati è prossima allo zero, nessuna delle due parti la pensa diversamente, anche se sui reati di cui sono accusati gli ex-terroristi non è caduta nessuna prescrizione. In Italia le motivazioni che hanno spinto lo Stato a cercare una soluzione al problema degli ex-terroristi stanno innanzitutto nella riaffermazione della certezza del diritto e quindi nella certezza del giudizio e dell’esecuzione della pena. Ma sembra anche importante per l’esecutivo ricompattare il Paese all’uscita (si spera) dal Covid-19. E soprattutto, come alcune informative dei servizi sembrano lasciar intendere, bloccare sul nascere la possibile risorgenza di spinte terroristiche, vista la fortissima pressione sociale attualmente esercitata dalle restrizioni pandemiche – e vedremo cosa succederà dopo la fine del blocco dei licenziamenti –, in particolare sulle generazioni più giovani.

Ma anche in Francia vi sono delle ragioni politiche alla manovra di polizia contro i 9, per ora, ex-terroristi italiani. Macron rischia infatti di essere rieletto per mancanza di avversari. Ma la sua persona non ha mai suscitato grandi simpatie (si calcola che un quarto scarso dei francesi lo apprezzino), e quindi cerca ogni modo per accreditarsi come uomo di Stato vicino al popolo. Giscard aveva un’aura di altezzosità laica mentre Mitterrand godeva della sua scaltrezza simile a quella di un Mazzarino (chiamò la figlia naturale Mazarine) o di un Richelieu, Chirac invece possedeva il senso cattolico della vita civile e dei suoi doveri. Per Sarkozy e Hollande, beh, non hanno mostrato nessuna aura. Macron dunque vuole accreditarsi come uomo di Stato, modificando agli occhi dell’opinione pubblica la “dottrina Mitterrand” sui terroristi esteri rifugiati Oltralpe, che teoricamente prevedeva di ospitarli senza concedere estradizioni, se non ai condannati per fatti di sangue. In realtà nemmeno il sangue entrava nel conto. Tutto ciò in nome della libertà di opinione sacralizzata dai francesi.

Negli anni di elaborazione e prima applicazione della “dottrina Mitterrand” ero in Francia. In certe conferenze alla Sorbona non era raro incontrare qualche terrorista italiano riparato all’estero. Mi chiedevo come potesse avere spazio in una cultura raffinata come quella francese una tale presa in giro delle vittime del terrorismo. Faticai a capire che tale dottrina avesse pur tuttavia una sua logica, che era quella di ospitare tutti coloro che erano “perseguitati” per le loro idee, di sinistra in particolare, ma non solo, come confermavano i casi di Khomeini e del generale libanese Aoun, uomini certo non arruolati in un qualche partito comunista. Ora Macron dà l’impressione di aver cambiato tale dottrina, ma in realtà nulla cambia, perché sta solo applicando quello che tale dottrina prevedeva in teoria, cioè di escludere dai beneficiari coloro che avevano commesso atti di sangue. Inoltre, l’applicazione di tale dottrina è sottoposta a tali e tanti se, che non è da escludere che non si arrivi mai all’estradizione. E poi l’Italia aveva chiesto circa 200 estradizioni… Infine, c’è da considerare che, nel complesso scacchiere europeo post-Covid, la Francia ha bisogno di dar segni positivi di integrazione all’Europa, in questo caso delle norme giuridiche vigenti in materia di antiterrorismo.

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