Brexit: primi stop ai piani di Boris Johnson
Il premier britannico, Boris Johnson, ha subito le prime sconfitte (per la precisione quattro, su quattro votazioni) alla Camera dei Comuni ed alla Camera dei Lord e vorrebbe chiedere il voto anticipato. Il tema del contendere è sempre lo stesso, la Brexit, con l’incubo dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (UE) senza un accordo (il cosiddetto no deal), il 31 ottobre, e l’aggravante della sospensione del Parlamento dalla seconda settimana di settembre fino al 14 ottobre.
Lo scorso martedì, la Camera dei Comuni ha respinto la proposta di un voto anticipato al 15 ottobre, che richiedeva la maggioranza dei 2/3 dell’assemblea. Infatti, oltre 20 deputati Tory, il partito conservatore dello stesso Johnson, si sono schierati contro tale opzione e sono stati espulsi. Jeremy Corbyn, leader del partito laburista all’opposizione, ha dichiarato di non avere intenzione di andare al voto prima di essersi assicurati che non ci sarà una Brexit senza l’approvazione preventiva di un accordo.
La Camera dei Lord, a notte fonda, ha deciso che il cosiddetto disegno di legge “Benn”, che prevede l’impossibilità di arrivare ad una Brexit senza l’approvazione di un accordo, obbligando quindi il governo a chiedere una proroga dell’uscita all’UE, compia tutto l’iter parlamentare prima della sospensione dell’assemblea richiesta da Johnson. Ciò fa seguito ad un’analoga decisione da parte della Camera dei Comuni. Il disegno di legge ritornerà alla Camera dei Comuni per la definitiva approvazione, dove si escludono possibilità di ostruzionismo.
Nel frattempo, la Commissione europea continua a prepararsi alla prospettiva di un no deal, chiedendo agli Stati membri il via libera, sui quali essi si esprimeranno entro la fine di ottobre, allo stanziamento di 600 milioni di euro da un fondo di emergenza dell’UE, creato nel 2002, per aiutare gli Stati membri ad affrontare catastrofi naturali come inondazioni, tempeste, eruzioni vulcaniche e incendi boschivi, assimilando appunto la Brexit a un grave disastro.
Ulteriori risorse saranno rese disponibili dal fondo di adeguamento alla globalizzazione dell’UE, destinato a sostenere i lavoratori che perdono il lavoro a seguito di crisi industriali. Infatti, la Commissione europea ritiene che se il Regno Unito uscirà dall’UE senza un accordo il 31 ottobre, ci sarà un impatto significativo sugli schemi commerciali, sulla crescita e sull’occupazione.