Brexit: tutto è compiuto, o quasi
Il 1° gennaio 2021 finisce il periodo transitorio seguito alla Brexit. L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea (UE) rischiava di essere incontrollata e caotica se non si fosse raggiunto un accordo di libero scambio ed un nuovo partenariato economico e sociale. L’intesa raggiunta il 24 dicembre riguarda non solo gli scambi di merci e servizi, con l’eliminazione di tariffe doganali sulle merci conformi alle regole in materia di origine, ma anche un’ampia gamma di altri settori, quali gli investimenti, la concorrenza, gli aiuti di Stato, i trasporti aerei e stradali, l’energia e la sostenibilità, la pesca, la protezione dei dati e il coordinamento in materia di sicurezza sociale. Proprio le questioni legate alla concorrenza, agli aiuti di Stato e alla pesca sono state particolarmente difficili da regolare.
Inoltre, il Regno Unito e l’UE si sono impegnate a garantire una parità di trattamento in settori quali la tutela dell’ambiente, la lotta contro i cambiamenti climatici e la fissazione del prezzo del carbonio, i diritti sociali e del lavoro, la trasparenza fiscale, con un’efficace applicazione delle regole a livello nazionale, un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie e la possibilità, aperta a entrambe le parti, di adottare misure correttive.
Nello specifico, in merito ai trasporti, l’accordo prevede che la connettività per via aerea, stradale, ferroviaria e marittima prosegua ininterrotta e in modo sostenibile, anche se l’accesso ai mercati si ridurrà rispetto alle opportunità offerte dal mercato unico. Sono comprese disposizioni volte a garantire che la concorrenza tra gli operatori dell’UE e del Regno Unito avvenga in condizioni paritarie, in modo da non compromettere i diritti dei passeggeri e dei lavoratori né la sicurezza dei trasporti.
Nel coordinamento della sicurezza sociale l’accordo è finalizzato a garantire una serie di diritti dei cittadini dell’UE e di quelli del Regno Unito. Tali disposizioni riguardano i cittadini dell’UE che lavorano nel Regno Unito, vi si recano o vi si trasferiscono, e i cittadini del Regno Unito che lavorano nell’UE, vi si recano o vi si trasferiscono dopo il 1° gennaio 2021. Da allora sarà necessario il passaporto per entrare nel Regno Unito ed un visto per restarci più di tre mesi o per recarvisi per lavorare (con un contratto di lavoro già stipulato). Da notare il fatto che ritorneranno i costi di roaming per le telefonate.
Un accordo in materia di governance mira ad offrire certezza del diritto alle imprese, ai consumatori e ai cittadini, istituendo un consiglio di partenariato misto incaricato di accertarsi che l’accordo sia applicato e interpretato correttamente, che discuterà tutte le questioni che dovessero presentarsi, attraverso meccanismi vincolanti di applicazione delle norme e di risoluzione delle controversie.
La politica estera, la sicurezza esterna e la cooperazione in materia di difesa non sono contemplate dall’accordo in quanto il Regno Unito non ha voluto negoziare tali temi e, pertanto, Regno Unito e UE non elaboreranno e coordineranno delle risposte comuni alle sfide di politica estera, come ad esempio l’istituzione di sanzioni nei confronti di cittadini o attività economiche di Paesi terzi. Questo è un problema, indubbiamente, ma la questione potrebbe essere affrontata nuovamente in futuro.
Più complicata la questione dei servizi perché, abbandonando il mercato unico, viene meno l’accesso al mercato dei servizi finanziari che rappresenta più del 40% delle esportazioni del Regno Unito verso l’UE, nell’ambito di un settore che rappresenta circa l’80% dell’attività economica del Regno Unito. Non a caso, banche ed operatori finanziari stanno lasciando la City londinese o aprendo sedi in altri Paesi europei.
Infine l’accordo permette al Regno Unito di continuare a partecipare a diversi programmi dell’UE nel periodo 2021-2027, a condizione di un contributo finanziario del Regno Unito al bilancio dell’UE, quali Orizzonte Europa, dove, del resto, le imprese britanniche hanno sempre avuto un ruolo preminente. Tra questi programmi, purtroppo, non c’è Erasmus, il programma di mobilità di giovani (e non) tra università, enti di ricerca, terzo settore, ecc., ritenuto dalla Gran Bretagna troppo costoso. Questa rinuncia, tuttavia, sarà colmata dall’Irlanda che, almeno per i giovani dell’Irlanda del Nord, si è resa disponibile a farsi carico del costo (irrisorio) di circa 2 milioni di euro per garantire la loro partecipazione. Del resto, senza Erasmus, le rette universitarie per i cittadini europei che vorranno studiare nelle università britanniche raddoppieranno e questo rischia di depauperare il sistema universitario britannico che è fatto in larga parte da studenti non britannici. Infatti, la Gran Bretagna sta già pensando ad un programma nazionale per aiutare gli studenti britannici a studiare in Europa ed a quelli europei a studiare nel Regno Unito che si chiamerà lo schema Turing, dal nome del matematico Alan Turing.
Secondo Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese, già contraria all’uscita del Regno Unito dall’UE, «la fine della partecipazione del Regno Unito all’Erasmus – un’iniziativa che ha ampliato le opportunità e gli orizzonti per così tanti giovani – è vandalismo culturale da parte del governo britannico. Sarà solamente uno dei motivi che porterà la Scozia a valutare l’opportunità di chiedere un nuovo referendum per l’uscita della Scozia dal Regno Unito (e quindi la sua fine)».
Secondo Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, «l’Europa ora sta andando avanti», mentre «valeva la pena lottare per questo accordo […] equo ed equilibrato con il Regno Unito. Proteggerà gli interessi dell’UE, garantirà una concorrenza leale e fornirà certezza alle nostre comunità di pescatori». Allo stesso tempo, «il Regno Unito rimane un partner fidato. Lavoreremo insieme per raggiungere i nostri comuni obiettivi». A tutti i cittadini europei Von der Leyen dice che «è ora di lasciarsi la #Brexit alle spalle. Il nostro futuro è in Europa».
I rappresentanti permanenti degli Stati membri dell’UE hanno approvato all’unanimità l’applicazione provvisoria dell’accordo il 28 dicembre, a cui fa seguito l’approvazione degli Stati membri tramite una procedura scritta (cioè tramite l’invio di una nota di consenso al Consiglio dell’UE). Poi, la Camera dei Lord e la Camera dei Comuni del Regno Unito sono convocate il 30 dicembre per votare l’accordo. Affinché esso entri in vigore, però, è necessario anche il voto del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali di tutti gli Stati membri.
Il 1° gennaio 2021 termina il periodo di transizione, mentre il centro di contatto Europe Direct, vale a dire il numero telefonico unico dell’UE per i cittadini, rimane a disposizione di cittadini e imprese per rispondere alle domande relative alla Brexit in tutte le 24 lingue ufficiali. Le domande relative al Regno Unito sono trattate in via prioritaria. L’iniziativa rientra nella preparazione generale dell’UE in vista della fine del periodo di transizione. Il centro di contatto Europe Direct è raggiungibile da tutti gli Stati membri e dal Regno Unito al numero gratuito 00 800 67891011 e per via elettronica.