Brexit: c’è l’accordo
L’accordo Brexit raggiunto tra il governo britannico e l’Unione europea (Ue) entra in una delle fasi più delicate, rischiando di arenarsi nel parlamento britannico e mischiandosi alle lotte interne per la supremazia nel partito conservatore. Infatti, sebbene il governo presieduto da Theresa May avesse licenziato l’accordo, ben cinque tra ministri e sottosegretari si sono poi dimessi: il ministro per la Brexit, Dominic Raab, il ministro per il Lavoro, Esther McVey, il ministro per l’Irlanda del Nord, Shailesh Vara, il sottosegretario per la Brexit, Suella Braverman, e il sottosegretario all’Istruzione, Anne-Marie Trevelyan. Il governo aveva già perso il ministro degli Esteri, Boris Johnson, e il ministro dei Trasporti, Jo Johnson.
May si è recata alla Camera dei Comuni sostenendo la necessità di portare a casa un accordo responsabile, ribadendo che questo accordo fosse il migliore possibile in alternativa all’assenza di un accordo, palesando come inevitabili delle concessioni alla frontiera tra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord, che resterà aperta in una fase di transizione non definita, finché non si raggiunga un accordo specifico tra le parti nell’ambito di un comitato di arbitrato formato da un pari numero di rappresentanti del Regno Unito e dell’Ue, nonché da esterni. Questo significherebbe che l’Irlanda del Nord resterebbe nell’unione doganale dell’Ue, mettendo di fatto in crisi l’unitarietà della Gran Bretagna. Anche gli Scozzesi sono preoccupati per i termini dell’accordo inerenti alle politiche della pesca, ma anche per la posizione privilegiata che avrebbe l’Irlanda del Nord con l’Ue, rispetto alla Scozia, che pure aveva votato con il 62% per restare nell’Ue.
Theresa May sostiene che l’accordo Brexit, di oltre 500 pagine, è soltanto una bozza, poiché esso deve essere discusso e ratificato con i 27 capi di Stato e di governo dell’Ue che si riuniranno a Bruxelles il prossimo 25 novembre. Forse. Eh, sì, perché è anche in forse la sopravvivenza dello stesso governo presieduto da Theresa May dove, è evidente, oramai regna il caos.
Molti deputati conservatori non avrebbero più fiducia in Theresa May e potrebbero sfiduciarla la prossima settimana. Oltre alla fronda interna, l’accordo Brexit scontenta dunque gli unionisti irlandesi (finora sostenitori del governo), gli indipendentisti scozzesi e, ovviamente, i laburisti. Proprio il leader laburista, Jeremy Corbyn, qualora Theresa May non ottenesse l’approvazione dell’accordo da parte del parlamento, ha chiesto di tornare a nuove elezioni. Inoltre, se ciò non avvenisse, egli avrebbe parlato della richiesta di un secondo referendum sulla Brexit. Ipotesi che Theresa May continua ad escludere.
La critica di fondo è che l’accordo pone la Gran Bretagna in una posizione subordinata rispetto all’Ue. Ebbene, ad un primo esame sembra che sia proprio così. Del resto, questo è quanto avviene con molti Paesi che intendono avere rapporti stretti con l’Ue, che le sono di fatto subordinati, perché devo rispettare legislazione e standard europei per poter commerciare con l’Ue o operare sul continente. Inoltre, il rischio di frammentazione del Regno Unito potrebbe davvero essere dietro l’angolo.
L’accordo sulla Brexit, tra i punti principali, prevede la creazione di una zona di libero commercio nella quale si stabilisca una cooperazione a livello di regolamentazione e controlli doganali, senza alcuna tariffa, dazio o restrizione quantitativa in tutto il settore dei beni. Come già accennato, la Gran Bretagna e l’Ue dovranno stipulare un successivo accordo che stabilirà delle procedure alternative per assicurare l’assenza di una frontiera fisica tra Irlanda ed Irlanda del Nord. Vi è inoltre l’impegno a preservare la stabilità finanziaria, l’integrità dei mercati, la protezione degli investitori e una leale concorrenza. Per quanto riguarda la mobilità, sono previste delle procedure per l’ingresso e il soggiorno temporaneo per scopi commerciali in aree ben definite, mentre per gli altri aspetti non vi sarà discriminazione fra gli Stati membri dell’Ue e vigerà il principio di reciprocità, compresi i viaggi senza necessità di visto per brevi periodi. Vi è un accordo globale sul trasporto aereo, compreso l’accesso ai mercati e agli investimenti, la sicurezza del trasporto aereo, la gestione del traffico aereo e la salvaguardia della concorrenza. È previsto un accordo di cooperazione nucleare fra la Gran Bretagna ed Euratom, con l’impegno a rispettare gli attuali elevati livelli di sicurezza. Un cooperazione stretta e reciproca in materia di giustizia penale sarà assicurata, contemplando procedure rapide ed efficaci per l’estradizione di persone sospettate o condannate. Nell’ambito della politica estera, è prevista una cooperazione stretta ma flessibile, sia a livello bilaterale che internazionale, rispettando la reciproca autonomia di entrambe le parti, contemplando anche la possibilità per la Gran Bretagna di partecipare in via informale ai Consigli europei qualora ciò venisse ritenuto appropriato. Inoltre, la Gran Bretagna potrà partecipare alle missioni di sicurezza e difesa comune, da stabilire caso per caso.