Brevi solidarietà
GENITORI MALATI Come dirlo ai bambini? Sapere di avere un tumore è una batosta tanto più pesante se succede a una mamma o a un papà con figli ancora in tenera età. Si pone il problema: dirlo, o non dirlo, ai bambini? Quali parole usare, per non sconvolgerli? E come comportarsi nel caso si sappia che non si guarirà? Cerca di rispondere a queste domande un piccolo libro, diffuso via Internet a cura dell’Aimac – Associazione italiana malati di cancro, parenti ed amici – e scaricabile gratuitamente dal sito: www.aimac.it – tel. 064825107 – numero verde: 840.503579. I bambini devono sapere ciò che possono capire – si legge nel libro -. Spiegate loro ciò che è successo e ciò che succederà. Lasciarli con la sensazione di speranza che, benché ora siete preoccupati, ci saranno momenti migliori. Rassicurateli che continuerete ad amarli e ad aver cura di loro. La guida è prodiga di consigli anche su quanto non si dovrebbe fare. E qui il primo avvertimento è chiaro: Non mentire. E, proseguendo: Non turbateli parlando di dettagli medici che possono spaventarli, di difficoltà economiche, di risultati di esami medici che si fanno attendere. Non fate promesse che non siate in grado di mantenere. Non abbiate paura di dire non lo so. Regole auree, valide anche quando tutti in famiglia godono ottima salute. CASE-FAMIGLIA Con gli occhi di Gabriele C’era una volta un gatto potente che voleva mangiare il pesce dell’acquario. Un giorno il gatto si ammalò e diventò cieco. Qualcuno doveva regalargli gli occhi per farlo guarire. Il pesce decise di regalargli i suoi. I poveri non devono rassegnarsi (aiutano sempre i potenti). Così Gabriele, 11 anni, svolge il tema propostogli dall’insegnante: I poveri saranno sempre inferiori ai potenti e pertanto devono rassegnarsi. Emulo di Esopo o di Fedro, il piccolo si serve degli animali per dare voce alla sua personalissima e poco condivisa visione del mondo, in cui è veramente ricco solo colui che ha qualcosa da dare agli altri. È il succo dell’esperienza sua e della sua famiglia, ed anche di Elisa, la prima sorellina adottiva: una creatura bisognosa di tante cure, idrocefala, spastica, cieca. Quindi il ragazzino parla di questa sua esperienza di condivisione estrema. Elisa rimase pochi anni con Gabriele e i suoi, circondata dal loro affetto. Quando morì, i genitori Rita e Riccardo acconsentirono a donare le cornee, sane, della piccola. Ed ora un altro bambino vede grazie ai suoi occhi. Col passare degli anni, bussarono alla porta di quella casa altri bimbi, alcuni dei quali con gravi malformazioni. Forti di questa esperienza, i genitori di Gabriele, su invito di don Oreste Benzi, si assunsero la cura di una casa- famiglia tutta speciale, costituita da bambini portatori di handicap o con problematiche familiari: Angeli Custodi, nei pressi di Rimini, dove vivono 46 bambini. Gabriele si relaziona con loro con tanta semplicità e delicatezza.