Brevi solidarietà

IN OTTO CITTÀ Profughi per un’ora La notizia è comparsa nella prima pagina di Popotus, l’inserto settimanale dei ragazzi su Avvenire. Abbiamo voluto approfondirla. Cosa vuol dire veramente essere profughi? Molto spesso, la condizione di chi fugge da guerre, persecuzioni o calamità naturali viene fatta coincidere con chi lascia la propria terra per un bisogno economico, alla ricerca di migliori condizioni di vita. Anche per questo è lodevole l’iniziativa di Medici senza frontiere (Msf) che anche in Italia, come già è accaduto in altri 14 Paesi, va allestendo una mostra itinerante in otto grandi città italiane. Una mostra tutta particolare, che consiste nella riproduzione di un campo profughi, uno strumento vivo ed interattivo con il compito di raccontare la realtà quotidiana di circa 33 milioni tra rifugiati e sfollati in tutto il mondo, spesso ridotti al silenzio. Il tour, partito il 9 marzo a Roma, si concluderà l’8 maggio a Milano. I visitatori, accompagnati da volontari di Msf con esperienza sul campo, possono entrare nelle tende e nelle baracche, sdraiarsi sul tappeto di un tukul (la capanna africana), confrontarsi con i problemi di queste persone, dall’alimentazione, all’acqua, alla sanità, all’istruzione. I pannelli esplicativi, le fotografie e le esperienze dirette raccontate dai volontari hanno lo scopo di rendere la visita non solo un momento di scoperta, ma anche di avvicinamento a popoli lontani e poco conosciuti. Uno spazio è riservato ai più piccoli, intrattenuti da animatori, che possono così conoscere i semplici oggetti che le famiglie rifugiate portano con sé come passatempo per i loro bambini. Le mattine sono riservate agli studenti delle scuole superiori, mentre i pomeriggi sino alle 19 sono dedicate agli altri visitatori. La visita guidata dura un’ora. (Da Migranti press) ASCOLI PICENO Carcerati per scelta Venti volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII hanno vissuto per quattro giorni nel carcere di Ascoli Piceno per condividere e conoscere la sofferenza dei detenuti. Non è stato possibile ottenere l’autorizzazione a restare in cella anche di notte, ma i volontari sono stati comunque profondamente toccati dall’esperienza. Sia pure per qualche giorno – racconta Giorgio Pieri, promotore dell’iniziativa – abbiamo potuto sperimentare cosa significa vivere in sette persone dentro una stanza di pochi metri quadrati con letti a castello a tre piani. Ma è proprio in queste circostanze che sono emersi valori umani profondi. Ci ha colpito l’accoglienza dei detenuti – continua il volontario – che hanno voluto offrirci il pranzo a proprie spese, e anche la presenza di alcuni agenti di polizia penitenziaria che operano veramente con il cuore. Resta però in tutta sua drammatica crudezza il problema di una riforma penitenziaria che dia ai detenuti autentiche e reali possibilità di riscatto.

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