Brevi media

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WEB

Iran e Internet

 

In Iran Internet alimenta il sogno democratico e la rivoluzione viaggia sulla Rete, che così aggira la censura imposta dal governo e fa da supporto alla battaglia di coloro che chiedono una svolta democratica per il Paese. Sul contributo che il web offre all’evoluzione culturale dell’Iran, come al movimento che in queste settimane si ribella alla riconferma di Mahmud Ahmadinejad alla guida del Paese, interviene il giornalista iraniano Ahmad Rafat.

 

Quando è arrivato Internet in Iran e quanto è diffuso oggi?

«In pochi sanno che gli iraniani rivendicano la paternità dei blog, i diari online, giacché i primi blogger erano iraniani e scrivevano dal Canada in lingua farsi. Basti pensare che oggi il farsi è la quinta lingua più diffusa in Internet – la terza secondo alcuni – e che nel Paese circa il 40 per cento della popolazione usa Internet da casa propria e dagli Internet café. Prima della campagna elettorale, un mese fa, gli iscritti iraniani a Facebook erano oltre 300 mila, per poi crescere in maniera esponenziale prima e dopo le elezioni, soprattutto per il fatto che in questi giorni, a causa della censura, Internet è l’unico veicolo per diffondere informazioni».

 

Che peso ha avuto Internet nella formazione di una coscienza civile desiderosa di una svolta democratica per il Paese, di libertà e parità di diritti?

«Internet è stato l’unica finestra sul mondo, soprattutto per i giovani, laddove in Iran il 70 per cento della popolazione ha meno di 30 anni. Via Internet i giovani riescono a conoscersi e, scoprendo come vivono i loro coetanei negli altri Paesi, rivendicano il diritto di avere la stessa libertà, di vestirsi allo stesso modo, di sentire la stessa musica. Sebbene in Iran siano stati oscurati oltre 300mila siti negli ultimi anni, Internet ha saputo rompere il muro della censura, non solo a livello politico, ma anche sociale e culturale, nelle arti, nella musica, nelle tendenze».

 

Esiste un legame fra la diffusione di Internet e il movimento di ribellione del popolo iraniano?

«Internet non è stato il motore principale della rivolta, perché la gente scende in strada per manifestare contro una truffa elettorale, le difficoltà economiche e la disoccupazione, ma ha permesso ai cittadini di essere informati e ha dato alimento e coordinamento alla ribellione. Un esempio: un messaggio diffuso in Rete in questi giorni invitava ad andare nella manifestazione con macchine fotografiche e telecamere affinché ciascuno potesse trasformarsi in giornalista e raccontare sul web, con le immagini, ciò che si voleva nascondere al mondo.

«Trent’anni fa la rivoluzione islamica fu chiamata “la rivoluzione delle audiocassette” perché Khomeini, in esilio a Parigi, registrava ogni giorno un messaggio audio che veniva distribuito su cassette in Iran. Quella di oggi è la prima rivolta popolare che viaggia su Internet ed in particolare su circuiti sociali, You Tube, Twitter e Facebook. Anche i colossi di Internet fanno la loro parte: siccome ai giornalisti è vietato filmare e inviare materiali al di fuori del Paese, allora Google ha puntato i propri satelliti sulle strade di Teheran in modo che collegandosi a Google Map si può vedere cosa sta succedendo. Purtroppo anche la repressione passa per Internet».

 

INTERNET

Le parole trappola

 

Free music downloads, wallpapers, screensavers, e poi free games e work from home: sono le parole che, inserite nei motori di ricerca dei pc, più delle altre espongono a virus e truffe on line. Lo dice una ricerca di McAfee, che negli Usa produce antivirus.

 

VIDEOGIOCHI

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Nato a Mosca nel 1984, il celebre videogioco ad incastri non passa di moda e conquista il decimo posto fra i videogame più venduti. Arriverà a breve anche sugli smartphone.
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