Bregantini: Su Riace si cerchi la verità

L'arcivescovo di Campobasso-Bojano, per 14 anni alla guida della diocesi di Locri-Gerace, ha espresso sostegno al sindaco Mimmo Lucano, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento del servizio di raccolta e di trasporto dei rifiuti. Il primo cittadino, ascoltato dai giudici, ha commentato: "Il mio è un reato di umanità".

L’arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini è noto, in Calabria, per l’impegno profuso contro la ‘ndrangheta e per la scomunica a vita inflitta a chi uccide, spara e avvelena quelle terre martoriate dalle cosche. E proprio in terra calabra padre Giancarlo, come veniva chiamato dalla gente, ha vissuto ed esercitato il suo mandato episcopale per 14 anni prima di lasciare la diocesi di Locri-Gerace per guidare quella di Campobasso-Bojano.

Della Calabria, Bregantini è tornato a parlare mercoledì scorso, commentando l’arresto, avvenuto nei giorni scorsi, del sindaco di Riace, Domenico Lucano. Un provvedimento che ha suscitato notevole sgomento in coloro che operano a favore dell’accoglienza dei migranti, che in questa cittadina di poco più di 2mila anime vivificata e riportata in vita grazie all’accoglienza di profughi curdi, hanno visto un modello imitabile di convivenza e integrazione positiva. Un modello noto e applaudito in tutto il mondo, su cui le forze dell’ordine stanno indagando nell’ambito dell’operazione “Xenia”, che vede il sindaco accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e affidamento fraudolento del servizio di raccolta e di trasporto dei rifiuti.

«Davanti agli arresti domiciliari del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, esprimo – ha scritto Bregantini – la mia profonda amarezza e dolore. Per lui e per la comunità del paese e della Calabria tutta, dove sono stato vescovo per ben 14 anni. Sento perciò di dire una parola di vicinanza e di solidarietà, che possa essere di conforto all’amico Mimmo e di luce per i fedeli». L’agire di Lucano, continua Bregantini, è stato fecondo di bene e fortemente progettuale. Ha colto l’occasione che gli era stata posta dai fatti, quella cioè di accogliere anni fa un vascello di cittadini curdi, che per caso era sbarcato sulle coste del suo paese. Ha sentito dentro un grande movimento di umanità, che lo spingeva alla solidarietà diretta e fattiva, e nel suo operato ha ricevuto il sostegno della Chiesa locale.

«In questo cammino – continua l’arcivescovo – ha coinvolto progressivamente l’intero suo paese, Riace. Specie il centro storico, dove ha potuto così riattivare e riabitare tante case vuote, perché i proprietari erano emigrati». Non è stato tuttavia un percorso semplice per Lucano, anzi, tutt’altro, visto che si è dovuto spesso scontrare, sottolinea Bregantini, «con logiche di comodità o di interessi malavitosi. Ma di certo, è stato un uomo lungimirante, un sindaco che ha capito che solo valorizzando gli immigrati si porterà beneficio ai nostri cittadini italiani. Non uno contro l’altro, ma solo insieme. Ha creato benessere per tutti, riaperto la scuola, riattivato antichi mestieri che nessuno ormai faceva, ma che erano la salvezza economica della Calabria… Confido nella magistratura perché possa far luce su tutta questa dolorosa vicenda. Sento però che tutto potrà essere chiarito se si spegneranno quei toni polemici di chi cerca non la verità, ma la vittoria di opinioni personali interessate. È in gioco il bene comune del Paese».

Giancarlo Maria Bregantini
Giancarlo Maria Bregantini

Ecco perché Bregantini chiede alla politica di riflettere sul “modello Riace” per evitare che in futuro il binomio tra sicurezza e migranti diventi negativo e di contrapposizione. I migranti, aggiunge, sono una risorsa non un pericolo. «Accoglierli con saggezza e con un buon piano di integrazione – conclude l’arcivescovo – renderà più aperti i nostri cuori e le nostre città».

LE INDAGINI
La misura cautelare emessa nei confronti del sindaco Lucano, ha fatto sapere il procuratore della Repubblica Lugi D’Alessio, rappresenta l’epilogo di approfondite indagini svolte in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace, per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico.

Nel comunicato della Procura (vedi il pdf allegato), oltre all’elenco dei fatti contestati e ad estratti delle intercettazioni, si legge anche che «Sulla ricostruzione di tali circostanze, così come rappresentate nel corpo della richiesta di applicazione delle misure cautelari, il GIP (giudice per le indagini preliminari, ndr) presso il Tribunale di Locri ha tuttavia affermato che “Ferme restando le valutazioni già espresse in ordine alla tutt’altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori, delle risorse erogate per l’esecuzione dei progetti S.P.R.A.R. e C.A.S., ed acclarato quindi che tutti i protagonisti dell’attività investigativa conformavano i propri comportamenti ad estrema superficialità, il diffuso malcostume emerso nel corso delle indagini non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delittuose ipotizzate».

Le indagini, quindi, continuano ed è giusto che facciano il proprio corso. Tuttavia, non sono poche le voci a sostegno del sindaco: da Beppe Fiorello, protagonista di una fiction Rai sull’operato del primo cittadino di Riace, a Vittorio Sgarbi, che ha paragonato Lucano a coloro che, durante la Seconda Guerra mondiale mettevano in salvo gli ebrei. Tanti, naturalmente, anche i pareri a sostegno del provvedimento giudiziario, a cominciare dal ministro degli Interni Matteo Salvini.

Al termine dell’interrogatorio di garanzia che oggi lo ha visto per tre ore faccia a faccia con gli investigatori, Lucano ha detto, tra l’altro, ai giornalisti: «Il mio è un reato di umanità. Non ho mai guadagnato né preso soldi da alcuno. A Riace sono stati usati soldi pubblici per alleviare sofferenze e per dare opportunità di lavoro e di integrazione o una vita migliore a perseguitati o richiedenti asilo».

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