Brasile, le vittime dei grandi eventi in corteo con le loro rivendicazioni
I partecipanti all'«Incontro delle vittime – Chi perde con i grandi eventi e le grandi imprese», promosso dall'Associazione nazionale dei comitati popolari (Ancop) a Belo Horizonte, hanno tenuto una manifestazione sabato scorso nel centro della capitale mineraria. Durante il corteo hanno denunciato una serie di violazioni dei diritti, in particolare gli sgomberi che si sono verificati negli ultimi anni, nelle dodici città che si preparano ad ospitare la Coppa del mondo.
La casa di Ivanildo Teixeira a Fortaleza, dove ha vissuto per 47 anni, è stata una delle 66 ad essere colpite nella comunità Lauro Vieira Chaves. Oggi riceve un sussidio sociale pari a 400 dollari. Nonostante il duro colpo, Ivanildo loda l'unione dei movimenti delle vittime in vista dei mondiali. «La gente è venuta per lottare e far valere i nostri diritti, perché spera che questa mobilitazione farà la differenza con il governo e con la Fifa». L'Ancop stima che 250 mila persone abbiano avuto la casa minacciata a causa delle grandi opere di mobilità urbana e infrastrutturali nelle città sedi del mondiale. Poiché alcuni progetti sono in corso, non è tuttavia ancora possibile dire quante famiglie abbiano perso la loro abitazione o siano state reinsediate.
Per le persone che vivono in strada, come il coordinatore del Movimento nazionale delle persone di strada, il 43enne Mauricio Pereira, gli sgomberi nelle città hanno avuto anche altre conseguenze. Dice che a Curitiba, dove vive, «si è cercato di ripulire la città dai senzatetto». Nel giugno dello scorso anno il Centro nazionale per la difesa dei diritti umani dei senzatetto e dei "catadores" (i riciclatori di materiale usato), istituito dalla Segreteria nazionale per i diritti umani della Presidenza della Repubblica, ha denunciato che queste persone subivano costantemente violenze da parte delle forze dell'ordine durante la notte. «Vogliamo che le politiche pubbliche funzionino davvero. A coloro che vivono in strada manca tutto: salute, lavoro, servizi sociali e delle politiche pubbliche di sicurezza che abbiano un approccio umano», ha affermato Mauricio.
La manifestazione con cui si è conclusa l'assemblea delle vittime ha attraversato le vie del centro. Di fronte al mercato centrale della città, gli attivisti hanno gridato slogan contro la Fifa: «Non ci sarà la Coppa del mondo». L'operatrice sanitaria di comunità Jacqueline Magalhaes, 36 anni, era con amici in un ristorante quando è stata sorpresa dalla mobilitazione. Ha detto di essere d'accordo con le proteste: «Non ci sono soldi per la sanità, ce ne saranno forse per la Coppa del mondo?».
A pochi metri di distanza, i manifestanti hanno sfilato davanti alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università federale di Minas Gerais, dove le persone che hanno aderito come volontari per lavorare nel Campionato hanno ricevuto la loro formazione. Dalla finestra hanno visto le vittime proseguire fino a Piazza della Libertà, dove l'orologio della Coppa segnava i 40 giorni che mancano all'inizio del Mondiale. In segno di protesta, i partecipanti hanno bruciato il poster pubblicitario di uno dei marchi che sponsorizzano la Coppa e una replica del trofeo. Hanno poi esposto striscioni e cartelli con le loro richieste. Secondo la polizia militare di Minas Gerais, 600 persone hanno partecipato alla manifestazione.
Oltre alla protesta, la chiusura dell'incontro delle vittime ha visto l'approvazione di una lettera che raccoglie denunce e rivendicazioni, tra cui la cessazione degli sfratti e degli sgomberi, la lotta contro la tratta delle donne e lo sfruttamento sessuale di bambini e adolescenti, l'amnistia per gli attivisti processati per le manifestazioni dello scorso anno, la fine della violenza della polizia, la democratizzazione dei media, trasporto pubblico gratuito e il suo riconoscimento come diritto sociale.
La lettera invita la popolazione a manifestare durante le partite: «Scendere in strada durante la Coppa del mondo è un atto di rafforzamento della democrazia e di un nuovo modello di Paese che avanza nella partecipazione diretta del popolo e nella costruzione di politiche efficaci per la giustizia e l'uguaglianza sociale», afferma il documento. «Vogliamo scendere nelle strade non per congestionarle. Vogliamo sollevare problemi sociali reali, perché non si può vivere in uno Stato che non riconosce queste questioni», afferma un membro dell'Ancop e del Comitê popular da Copa de Salvador, Argemiro Ferreira de Almeida, di 50 anni.
Alameida ha tracciato un bilancio positivo del primo incontro delle vittime: «È stato fondamentale tenerlo, perché queste sono persone invisibili. Sogniamo un Brasile diverso, un Brasile che riconosca che c'è un popolo e una pluralità di interessi». Secondo Almeida, proponendo un ampio dibattito sugli eventi e progetti in corso nel Paese «vogliamo affermare che questo modello di sviluppo e modello di business proposto dalla Fifa non è il più importante. Vogliamo affermare che è la vita la cosa più importante».
Traduzione di Chiara Andreola