Braccio di ferro sulle pensioni e non solo

Alla base delle proteste d'oltralpe una generale insoddisfazione nei confronti del governo Sarkozy. Dal nostro corrispondente
Sciopero in Francia

Scioperi, manifestazioni, proteste: da dove nasce questo braccio di ferro tra una larga parte dei francesi -il 57 per cento della popolazione dice di sostenere l’azione dei sindacati per la modifica della legge- e il governo? All’origine della protesta c’è il nuovo sistema pensionistico nazionale. Il presidente Mitterand aveva dato la possibilità di andare in pensione a 60 anni, mentre per legge la pensione era prevista a 65 anni. Il presidente Sarkozy e il suo governo hanno voluto portare la soglia a 62 e 67 anni e hanno voluto aumentare il periodo contributivo.

 

Da più di dieci anni si parla di questa riforma delle pensioni, a sinistra e a destra, e i sindacati riformisti hanno anche lavorato al testo e realizzato dei progetti. Un dato è certo: l’aspettativa di vita è aumentata e le casse statali si sono svuotate.

Il presidente Sarkozy ha fatto di questa riforma il simbolo del suo mandato e intende rafforzare la sua posizione attraverso una negoziazione un po’ fittizia con i sindacati. Da parte sua, la popolazione soffre per la grave disoccupazione che colpisce soprattutto chi ha meno di 25 anni o più di 50. Le donne, che hanno una carriera spesso frammentaria, si stanno rendendo conto, insieme ad altre categorie, che non raggiungeranno il numero di anni necessari per poter avere una pensione piena, nemmeno lavorando fino ai 67 anni previsti dalla legge.

 

I sindacati ovviamente approfittano di questo stato di preoccupazione generale per fare pressione sul governo. Finora queste ansie hanno interessato, come nella maggior parte dei paesi industrializzati, le classi medie. I quadri aziendali, ad esempio, non comprendono più le direttive dei loro capi che obbediscono esclusivamente alla “legge del mercato”. Il presidente Sarkozy si trova intrappolato nello slogan che aveva coniato per la sua campagna presidenziale, «lavorare di più, per guadagnare di più».

 

I politici, come in molti paesi, hanno perduto la loro credibilità tra la popolazione. Uno degli ultimi sondaggi accorda meno del 30 per cento di consensi al presidente della Repubblica, e Ségolène Royal, socialista, che ha sfidato Nicolas Sarkozy alle passate presidenziali, ha ottenuto la stessa percentuale perché le tesi del suo stesso partito non sembrano realiste. Questo fa, ovviamente, la felicità dell’estrema destra, che mostra le incoerenze di questo mondo politico alleato dei ricchi.

 

Mentre i piani di licenziamento si moltiplicano, la pubblicazione dei salari dei dirigenti o dei manager, delle pensioni dei deputati, e delle buone uscite a peso d’oro degli industriali che hanno quasi spinto al fallimento le loro imprese, ha provocato un forte rancore nei confronti del potere politico.

 

Ma se i sindacati concentrano i loro discorsi sulle pensioni, si constata che molte persone che vanno in piazza lo fanno per motivi ben diversi. Il presidente Sarkozy, ad esempio, catalizza un certo numero di rivendicazioni insoddisfatte o di preoccupazioni per l’avvenire: la scelta politica di puntare su una comunicazione shock, l’effetto di annunci non seguiti da atti, l’affare dei Rom che ha comportato per la Francia una condanna internazionale, l’arroganza degli uomini d’affari… in pratica tutti i mali della terra!

 

In un romanzo, Agata Christie ha scritto a proposito degli uomini politici: «Essi credono sinceramente che miglioreranno la situazione e sono molto sorpresi di scoprire che hanno fallito, per l’eccellente ragione che non hanno fatto ciò che le persone si aspettavano da loro ». Il presidente Sarkozy aveva annunciato di volersi occupare della riforma delle pensioni ma, a torto o a ragione, una buona parte della popolazione si è sentita esclusa dalla sua gestione politica.

Sulla violenza delle periferie, invece, il filosofo Marcel Gaucher ha commentato ad un programma radio: «Smettiamola di parlare di quartiere sensibile e abbiamo il coraggio di dire: quartiere povero. E la povertà ha sempre generato la violenza».

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