Botticelli, l’Inferno
L’anno scorso c’è stato il successo del docufilm Firenze e gli Uffizi sull’arte rinascimentale. E intanto è riapparso il film di Peter Greneeway su Rembrandt: il secondo, visto da pochi, presentato al festival di Venezia due anni fa con un una rilettura molto personale della celebre tela de La Ronda di notte.
Cinema e arte si inseguono e colloquiano, di fatto. Tant’è vero che dal 21 al 23 novembre arriverà in sala il docufilm su Roberto Bolle, danzatore superstar e che poi le stagioni operistiche sia del londinese Convent Garden come del newyorchese Metropolitan si susseguono al cinema ormai con cadenza mensile o quasi.
Nell’epoca del turismo di massa, affamato di vedere in un mordi e fuggi che assale Venezia, Firenze e Roma in particolare, fa davvero bene che il cinema si occupi di andare a scavare nei meandri di un capolavoro, tanto più preceduto da poco dal film interpretato da Tom Hanks. Cioè, si tratta delle illustrazioni dell’Inferno di Dante realizzate da Sandro Botticelli tra il 1480 e il ’90. Disperse tra Berlino Firenze e il Vaticano.
Botticelli, quello della Primavera, della Venere agli Uffizi e delle dolci Madonne, è immensamente amato dai turisti. Prova ne sia che nella chiesa fiorentina di Ognissanti dove c’è la sua tomba, ogni giorno vengono deposti biglietti amorosi, pieni di gratitudine per la sua arte delicata e seducente.
La suggestione del docufilm – in sala fino a domani, prodotto da Italia e Germania, diretto da Ralph Loop e distribuito dalla Nexo – sta in primo luogo nella bellezza fotografica delle città e dei luoghi in cui si svolge il racconto del ritrovamento dei “fogli” in pergamena dipinti, strappati dal codice in epoca imprecisata: la biblioteca vaticana, la Scozia, Berlino e ovviamente Firenze. Poi, nelle interviste ai direttori dei rispettivi musei, ma soprattutto ai giovani a cui viene mostrata la mappa dell’Inferno disegnata dal pittore, secondo la distribuzione delle pene pensata da Dante. Le risposte sono sorprendenti e gettano uno sguardo sulle conoscenze e le opinioni studentesche: c’è chi crede all’inferno e chi no chi lo preferisce al paradiso, chi ci vorrebbe andare perchè ama i “cattivi”, chi pensa sia un simbolo, e così via.
Certo, il lavoro ha il merito di entrare nella storia del dipinto con precisione, documentazione, come un viaggio dentro ad un mondo poco noto e sul quale c’è ancora tanto da scoprire. E da togliere diversi malintesi. Ad esempio: non credete al Vasari che nelle sue Vite racconta di un Botticelli morto in miseria, mentre invece comprò casa e podere in vecchiaia, segno che povero non era (ma per Vasari tutto ciò che non era vicino al suo idolo Michelangelo, valeva poco). Oppure: la fiction dei Medici vi racconta di un rinascimento elegante, pulito, di una città meravigliosa, mentre Firenze era sporca, con sacche di miseria, e l’arte appannaggio solo dei pochi ricchi. Il rinascimento è un fenomeno di élite, non della massa.
Il film è piacevole, fa scoprire i dettagli della mappa infernale ma poi scivola anche a mostrare i disegni del Purgatorio e del Paradiso, quelli che Botticelli non riuscì a colorare. Sono di una bellezza da far invidia alle altre sue opere finite su tavola È’ un’arte raffinatissima. È un piacere passare attraverso questi fogli, rivederli ingranditi nei dettagli, ascoltare dalla voce narrante le avventure a cui fu sottoposto il codice prezioso che Botticelli ha compiuto per i Medici. Finito per vie strane in Scozia, comprato dai berlinesi dall’occhio lungo, ma non tutto perché, per altre vie, diversi fogli son arrivati in Vaticano, che li ha oggi postati su internet.
Insomma, una storia avvincente. Se potete, non perdetevi questo e i prossimi docufilm: sono un riposo e una nuova fonte di conoscenze. Imperdibili, per chi non si accontenta del mordi e fuggi.