Il boschetto che ha salvato un intero rione
Moncoa, Colombia, primo aprile di quest’anno. Dopo le insistenti piogge, una enorme mole di pietre, detriti e fango scende giù dai lati montagnosi della zona e fa piazza pulita di vari quartieri della cittá, capitale del dipartimento di Putumayo, abitata da 36 mila persone. In città e dintorni il registro pluviometrico dice che sono precipati più di 600 millimetri di acqua in pochi giorni. I morti sono 293 ed i feriti 300. Per 2.700 persone bisogna trovare un rifugio di emergenza.
Ilrione El Carmen, invece, resta in piedi grazie alla conservazione di un boschetto primario composto de una specie di alberi chiamati “chiparos” (tecnicamente zygia longifolia). Il boschetto è composto anche da altre specie, che hanno evitato che il disastro assumesse maggiori proporzioni nella zona nord della città. Si tratta di appena 3 ettari conservati fin da quando si è inziato a costruire il rione.
In quel momento la macchia verde era il doppio della superficie attuale, ma i vicini decisero di utilizzarne solo la metà per costruire le proprie case, conservando l’altra metà del bosco. «Proprio quella che ci ha salvato la vita» commenta Bertha Solarte, residente del posto. E lo conferma anche il ministro per l’Ambiente della Colombia, Luis Gilberto Murillo, che spiega: «la riserva di alberi del rione è ció che ha veramente evitato che lo smottamento di terra lo trascinasse con sé».
Sebbene in Colombia ci siano sforzi per combattere la deforestazione, la situazione non è altrettanto chiara in merito alla conservazione di boschi ed ecosistemi vegetali all’interno delle zone urbane. L’ultimo censimento ufficiale di zone alberate urbane è del 2007, e gli ultimi studi pubblicati sono del 2010; ed indicano che solo nella capitale del Paese, Bogotá, ci sono piú di 18 abitanti per albero, quando gli standard internazionali dicono che la popolazione di alberi deve essere maggiore di quella degli abitanti. L’anno scorso a livello nazionale si è registrata la scomparsa di più di 124.000 ettari di bosco naturale, secondo dati del Sistema di monitoraggio di boschi e carbonio; e sebbene la deforestazione avanzi a un ritmo minore, questa si concentra in varie zone, tra le quali proprio il dipartimento di Putumayo, epicentro della catastrofe di aprile.
Esperti della Corporación Autónoma Regional de la Amazonía (Corpoamazonía) assicurano che il boschetto naturale è stato fondamentale per evitare che si perdessero ulteriori vite umane. Il “chiparo”, grazie alle sue fortissime radici, ha resistito alla forza dello smottamento. Le foto aeree fatte dal ministero per l’Ambiente mostrano che è l’unica specie di alberi che ha resistito in piedi quel giorno.
Dieci anni or sono, il rione El Carmen ricevette il dono di 1.800 alberi, quasi tutti da legna, come parte di un programma di riforestazione realizzato da una ong. La grande maggioranza furono piantati sul lato scosceso del versante della montagna alle spalle del rione, consentendo di mantenere e incrementare la vegetazione nella zona. Gli abitanti del rione si presero cura di formare sentieri con lastre di pietra proprio per conservare l’ecosistema del settore.
Ma il chiparo non é importante solo in questi casi. Jairo Solorza, del Giardino botanico di Bogotá, spiega che questo tipo di alberi sono imprescindibili perché «hanno una grande capacità di assorbire e ritenere acqua, le radici danno stabilità al suolo il che consente di evitare l’erosione del terreno». Solorza conferma che il boschetto di chiparo ha svolto tale funzione durante le intense pioggie di aprile, fungendo da barriera. Una volta che la città di Moncoa si sarà risollevata dai danni subiti, bisognerà «riforestare prima possibile, perché gli alberi sono necessari. Se avessimo avuto una maggiore copertura boschiva, ci sarebbe stato il tempo necessario per far scattare l’allerta e prendere le misure del caso».
Gli sforzi che si compiono in Colombia si ripetono anche in altri Paesi. La selva amazzonica, ad esempio, abbraccia anche il Perú, Venezuela, Brasile ed Ecuador. La lotta contro la deforestazione è intensa. In alcuni Paesi si fanno progressi, in altri si retrocede, come in Brasile dove la deforestazione è tornata a ritmi preoccupanti. Le superfici sono così enormi e remote che il monitoraggio è veramente difficile. Anche se non impossibile. Siamo troppo coscienti dei rischi ambientali che pendono sulla nostra testa, novella spada di Damocle.
Non si sa quale sarà il futuro del rione El Carmen. Pare che le autorità siano decise a far evacuare la zona, attualmente non raggiunta dai servizi pubblici. Ma due cose sono sicure: abbiamo bisogno di preservare il patrimonio dei nostri boschi, perché sono il polmone del mondo e perché sono essenziali per evitare l’erosione dei suoli; e la gente di El Carmen deve la vita a un boschetto di chiparo.