Bonifiche. Un decreto da rivedere
In Italia esistono migliaia di siti inquinati che costituiscono un grave pericolo per la salute della popolazione ma che sono difficili da sottoporre a bonifica per via dei costi insostenibili per la collettività. Non si tratta solo della conseguenza di azioni dettate dalla criminalità organizzata, ma di effetti di lunga durata di un certo tipo di industrializzazione che coinvolge il mondo delle imprese.
La responsabilità diretta di chi ha inquinato è, spesso, difficile da far valere e così l’intero costo resta sulle spalle di uno Stato che risponde con risorse insufficienti. La prima formulazione dell’articolo 4 del decreto Destinazione Italia, proposta dal governo Letta, ha ricevuto forti critiche dal mondo ambientalista, perché con l’intento di avviare un programma di bonifica e di reindustrializzazione delle aree inquinate avrebbe fatto venir meno il principio riconosciuto a livello europeo secondo cui «chi inquina paga».
Con un emendamento proposto dal presidente della Commissione ambiente della Camera, il democratico Ermete Realacci, e votato a larga maggioranza, sono state introdotte delle correzioni. Come ha affermato Realacci, ora i fondi pubblici destinati alle imprese non potranno, secondo la norma, «essere utilizzati dai responsabili dell'inquinamento per attuare le bonifiche né la messa in sicurezza dei siti, ma sono destinati solo a favorire la riconversione industriale e quindi lo sviluppo economico dell'area. Un cambiamento necessario, che è stato possibile grazie al contributo del ministro Orlando, alla collaborazione del ministero dello Sviluppo economico e all'impegno anche delle forze parlamentari di opposizione, come il M5S e Sel».
Nonostante queste dichiarazioni restano i dubbi e le proteste dei numerosi comitati diffusi sul territorio nazionale, che si stanno mettendo in rete. Ovviamente una materia così delicata non può essere inserita in un decreto omnibus come quello denominato “Destinazione Italia” e anche Stefano Ciafani di Legambiente afferma che la questione «non si può risolvere solo ed esclusivamente velocizzando la reindustrializzazione», anche perché «resta il problema di come bonificare le migliaia di siti inquinati “orfani”, quelli che sono rimasti “senza padrone”, perché le aziende inquinatrici sono fallite o perché il responsabile dell'inquinamento non è stato individuato, come succede, ad esempio, nei territori inquinati dai traffici illegali di rifiuti speciali o pericolosi».
Ciafani propone così di istituire «un fondo nazionale sul modello del Superfund americano, sovvenzionato dal mondo dell'impresa in proporzione alla pericolosità e all'impatto ambientale causato dallo specifico settore produttivo». Insomma la normativa va sicuramente riconsiderata in tanti aspetti e la palla arriverà al neo ministro dell’Ambiente del governo Renzi, il centrista Gian Luca Galletti, noto per le sue precedenti prese di posizione, in linea con il partito di appartenenza (Udc), a favore dello sviluppo dell’energia nucleare e della gestione privata dell’acqua pubblica.