Bombe sullo Yemen. Qualcosa si muove
A pochi chilometri da Cagliari, città dove a fine ottobre si terrà la settimana sociale dei cattolici italiani, la Rwm, una fabbrica italiana controllata da una multinazionale tedesca, produce ordigni bellici che vengono venduti anche al Paese capofila di una coalizione militare impegnata nella guerra in corso in Yemen che non risparmia come sempre obiettivi civili, scuole e ospedali compresi. La grave carenza di occupazione in un territorio falcidiato dalla crisi conduce a rendere triste ma necessario questo stato di cose in mancanza di politiche industriali alternative.
Eppure fin dal 2001, anno in cui l’azienda è stata riconvertita con fondi pubblici dalla produzione di esplosivi per miniere a bombe per cacciabombardieri, è rimasta una significativa e persistente resistenza fatta di singole persone e movimenti diventati minoritari dopo una forte protesta iniziale. Questa testimonianza, rimossa o vista spesso con fastidio, è stata alla radice di una presa di coscienza e consapevolezza emersa con la marcia del 7 maggio 2017 promossa dal Movimento dei Focolari ad Iglesias che ha dato voce alle realtà locali e nazionali che propongono un’altra idea di economia e società libera dal ricatto occupazionale e dal conflitto tra lavoro e diritti umani.
Dopo la manifestazione pubblica promossa in modo propositivo e creativo si è costituito immediatamente un Comitato per la riconversione della Rwm Italia che non è stato con le mani in mano ma si è mosso immediatamente per fermare l’espansione della produzione bellica dal vicino comune di Domusnovas a quello di Iglesias. La presa di posizione del comitato pone una questione di responsabilità politica nazionale. Un suo portavoce, Arnaldo Scarpa, è intervenuto in una conferenza stampa affollata promossa il 21 giugno presso la Camera dei Deputati con l’intervento di molte organizzazioni autorevoli (Amnesty, Rete Disarmo, Oxfam, Banca etica, Focolari e Rete pace, Medici senza frontiere) e alcuni deputati che hanno preso l’impegno a votare in aula una mozione che chiede il blocco dell’invio delle armi nei Paesi in guerra e quindi l’avvio di un percorso di riconversione economica.
La proposta di mozione è adesso nel calendario della Camera dei deputati che dovrebbe discuterne da lunedì 17 luglio. Molto dipenderà dalla pressione che continueranno a fare associazioni movimenti verso i parlamentari perché votino secondo coscienza e non secondo le indicazioni di scuderia. La mozione capofila è stata presentata da Giulio Marcon di Sinistra italiana, ma porta le firme anche di deputati del Pd , Davide Mattiello, e di Democrazia solidale (Centro), Mario Sberna e Mario Marazziti. Altre mozioni sono state depositate dai gruppi Mdp e M5S, ma altre sono state annunciate, a cominciare dal Pd. Una mozione da bocciare o depotenziare con inviti generici alla pacificazione non si nega a nessuno, eppure la discussione potrebbe prendere una piega inaspettata vista la questione cruciale del rispetto della Costituzione e della legge 185 del 90 che vieta di inviare armi a Paesi che sono in guerra e/o non rispettano i diritti umani.
Alla vigilia di questa discussione, giovedì 13 luglio, la presidente della Camera Laura Boldrini ha incontrato Cinzia Guata, altra portavoce del Comitato per la riconversione della Rwm, accompagnata dal professor Massimo Toschi, storico esponente del movimento per la pace, e da una delegazione di esponenti di Banca etica, Oxfam, Rete Disarmo e Movimento dei Focolari.
La scelta della terza carica dello Stato si pone in continuità con la pratica dell’ascolto verso istanze della società civile solitamente tacitate nell’agenda giornaliera dei media prevalenti e che sembrano orientare l’attenzione di un’opinione pubblica che sembra distratta e indifferente.
Come ha detto il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, intervenendo alla conferenza stampa del 21 giugno, è inaccettabile che si possa sparare sulla popolazione civile come avviene nello Yemen e che in particolare questo avvenga con armi che partono dall’Italia. Il quotidiano della Cei ha dato risalto alla manifestazione di Iglesias e alle iniziative sulla riconversione produttiva della Rwm, dando spazio anche alle notizie provenienti dal disastro in corso nello Yemen colpito anche da un’epidemia di colera. Una presa di posizione coraggiosa che non può ignorare le troppe responsabilità e omissioni che il caso della produzione di bombe in Sardegna fa emergere.