Bolsonaro, o il rischio di dimenticare il bene comune

In pochi giorni il presidente del Brasile ha destituito prima il ministro della Sanità e poi quello della Giustizia, per molti il simbolo della lotta alla corruzione, suo cavallo di battaglia elettorale. Una scelta discutibile nel peggior momento che scuote il Paese
Jair Bolsonaro. (AP Photo/Andre Borges)

Che un gruppo di militanti di estrema destra convochi una manifestazione esigendo la consegna del potere ai militari, la chiusura del parlamento e della Corte suprema è, tutto sommato, un fatto che sebbene censurabile in termini politici e morali, fa ancora parte della libertà di opinione. Ma che alla manifestazione partecipi il presidente della Repubblica, eletto col voto popolare e in piena funzione di una costituzione che sancisce i principi repubblicani e del sistema democratico, è già indice che si è oltrepassato il segno sul piano politico e, possibilmente, quello giuridico. È infatti questa una delle ragioni per le quali in Brasile si sta parlando di destituzione del presidente Jair Bolsonaro che ancora una volta ha rivelato quale sia il suo pensiero su democrazia e, dunque, anche sui diritti democratici. Quelli che, per intenderci, fanno parte della lista dei diritti umani.

Che il governo di Brasilia stesse emettendo ai 210 milioni di brasiliani segnali contraddittori era un dato di fatto, ormai, da settimane. Mentre Bolsonaro andava in giro senza protezione, ripartendo abbracci, strette di mano e selfie, sostenendo che la pandemia di coronavirus è una «influenzina», che bisogna tornare alla normalità, che i governatori che mettevano gli Stati in quarantena (il Brasile è uno stato federale) erano tutti preda dell’isteria, il suo ministro della Sanità, Luiz Mandetta, parlava in senso contrario, in linea con le misure che la gran parte delle autorità sanitarie di tutto il mondo stanno applicando, in condizioni similari a quelle del Brasile. L’allusione del ministro alla necessità di unificare il discorso, non è piaciuta al presidente, che lo ha rispedito a casa, nominandone al suo posto uno nuovo mentre i contagiati nel Paese scalano una curva ancora lontana dal picco, sommando più di 53 mila casi e 3.700 decessi, a un ritmo di circa 400 morti al giorno.

Bolsonaro sostiene che la crisi economica è peggio della pandemia, ma non spiega come può funzionare l’economia se il virus fa scempio di ospedali e personale sanitario, di lavoratori e di persone anziane, che sarà impossibile isolare perché vivono con i bambini, potenziali diffusori asintomatici del virus. Ma è così convinto di tale priorità, che ha messo in secondo piano anche il ministro dell’Economia, Paulo Guedes, la cui missione era quella di tornare alla crescita, un punto nevralgico del suo programma elettorale. C’è chi si chiede se resterà nel governo.

Ma la settimana scorsa, un nuovo episodio politico ha scosso la gestione di Bolsonaro, con la destituzione del più popolare dei suoi ministri, Sergio Moro, alla testa del dicastero della Giustizia. Moro è il magistrato che ha mandato in carcere figure eccellenti accusate di far parte della rete di tangenti conosciuta come Lava jato (autolavaggio), tra cui l’ex presidente Lula. Per gran parte dell’opinione pubblica è il simbolo della lotta alla corruzione, uno dei principali cavalli di battaglia che hanno condotto Bolsonaro alla presidenza. Basta considerare che la notizia ha fatto cadere di un 10% la borsa di Sao Paulo. Non ci si può spiegare la vittoria di Bolsonaro senza l’appoggio di Moro, che ha spinto milioni di persone al voto.

Il divorzio l’ha provocato la sostituzione del capo della polizia, che Moro aveva scelto per averlo accompagnato nel caso Lava jato. Moro sostiene che questi seguiva le indagini su una dozzina di deputati vicini a Bolsonaro, tra cui uno dei suoi figli, accusati di corruzione. Il presidente ha smentito, ma l’ex ministro ha mostrato alcune chat come evidenze. Ma Moro aveva notato anche altro: con sempre meno sostegni politici in parlamento, il presidente si è avvicinato a figure politiche in odore di corruzione che in un frammentato parlamento possono sommare voti alla maggioranza.

Di certo, la sostituzione di due ministri strategici per l’esecutivo in piena emergenza e per ragioni discutibili getta ombre sulla prudenza di Bolsonaro e sulla sua reale comprensione dello stato di cose e lascia il Paese nello sgomento. Non a caso, a parlare di destituzione ora c’è anche l’ex presidente Fernando Henrique Cardozo. Succede quando si perde di vista il bene comune e ci si concentra nella gestione del potere fine a se stesso.

 

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