Il bisogno di sangue non va in vacanza
Sono tanti, nei mesi estivi, gli appelli alla solidarietà: corrono sui social, rimbalzano negli spot pubblicitari e richiamano l’attenzione su chi ha più bisogno. «Il bisogno di sangue non va in vacanza», recita un manifesto della Regione Emilia-Romagna: nel periodo estivo, infatti, si riducono le donazioni di sangue ma sono numerose le richieste legate all’aumento degli incidenti stradali, agli interventi di pronto soccorso oltre alle persone che hanno necessità di trasfusioni periodiche o che ne hanno bisogno per affrontare interventi chirurgici.
Situazioni che, tuttavia, si verificano tutto l’anno. Secondo l’Associazione Fratres – Donatori di Sangue, sono 1.800 le persone che, ogni giorno, hanno bisogno di terapie trasfusionali a base di sangue ed emocomponenti donati. Purtroppo, ad oggi, meno del 3% degli italiani è donatore periodico di sangue.
Diventare donatore di sangue è semplice, è un gesto che significa affermare il valore della vita perché si contribuisce a salvare la vita di una persona. «Ho fatto questa scelta per amore e perché credo fermamente che posso donare qualcosa di mio senza mettere mano al portafoglio e sono certa che sarà utile a qualcuno. La cosa più bella che provo è il senso di gioia nell’aiutare e il fatto di rimanere nell’anonimato. È una scelta che si rivela positiva anche per noi donatori perché siamo periodicamente controllati con esami clinici». È l’esperienza di Gabriella Pavone, volontaria dell’Avis e Consigliere comunale di Atri. «Sono diventata donatore Avis appena compiuti i 18 anni, quindi ormai da 28 anni. Sono iscritta all’Avis e in questo momento faccio parte anche del Consiglio comunale di Atri perché credo che bisogna fare il possibile per promuovere questo grande dono e perché mi piacerebbe che fossimo una grande famiglia, che non ci fosse più carenza di sangue e che gli interventi non venissero più rimandati perché non si possono fare trasfusioni. In questo momento storico purtroppo non abbiamo molto sangue».
Anche Marianna Gregori è diventata donatrice molto presto: «Ho cominciato a donare il sangue appena ho compiuto 18 anni. Ci tenevo tantissimo! Purtroppo a 23 anni ho dovuto smettere a causa dell’insorgenza del diabete». Attualmente Marianna è capogruppo dei donatori nella parrocchia dei SS. Protomartiri romani. «Mi hanno proposto di diventare capogruppo – racconta -. Ero volontaria del soccorso, davo una mano nelle raccolte sangue nelle aziende, nelle altre parrocchie o nelle caserme facendo così esperienza in situazioni diverse. Visto che serviva un nuovo capogruppo mi hanno chiesto di occuparmene. Ne sono stata felice, si resta donatori nel cuore, nell’animo. Donatrice per sempre. Non di sangue, purtroppo, ma anche il tempo ha il suo valore e ne sono consapevole. In parrocchia da diversi anni c’è l’Avis».
Sono numerosi i compiti che questo impegno prevede, soprattutto è importante curare le relazioni interpersonali: «Come capogruppo mi occupo prevalentemente dei rapporti tra la parrocchia, l’Avis e i donatori. Fisso le raccolte concordando le date con il parroco e gestisco i donatori, avvisando e pubblicizzando le date e cercando di risolvere tutti i problemi che possono crearsi: disguidi, indirizzi sbagliati, analisi che non arrivano, tesserini e così via. Ma credo sia anche importante essere una figura di riferimento per dubbi o ansie (riguardo eventuali allergie, farmaci o altro). Se posso rispondo direttamente oppure faccio da tramite con la segreteria o con i medici responsabili del servizio».
Tutto nasce dal desiderio di donare qualcosa agli altri: «Volevo essere utile. Non posso più donare ma posso comunque collaborare e dare una mano. Nulla in confronto a chi viene e dà parte di sé. È donare sé stessi per qualcuno che non si conosce. È dare la possibilità di sorridere senza mai vedere davvero quel sorriso. Eppure, riempie il cuore di gioia. È bellissimo fare del bene a chi abbiamo vicino, ne viviamo le sofferenze e le vicissitudini. Donare il sangue per un perfetto sconosciuto lo diventa ancor di più. Non è un piccolo gesto, è un enorme gesto di amore! Bisogna insistere con i giovani. Sono molto sensibili e disponibili ma a volte informazioni sbagliate possono farli desistere per questo motivo è importante la sensibilizzazione nelle scuole».
Tra le persone che hanno ricevuto la possibilità di sorridere c’è Mirella Marcucci, di Roma. Anni fa ha dovuto affrontare un intervento delicato che ha avuto delle complicazioni in sala operatoria ed ha avuto bisogno di molte trasfusioni e di una seconda operazione. «Se sono qui è grazie alla bravura del chirurgo e ai donatori – afferma -. Senza di loro non sarei qui. Ringrazio per la vita e per la qualità del sangue, che viene trattato e controllato per poterlo utilizzare in sicurezza. Devo ringraziare i donatori che mi hanno permesso di sopravvivere la prima e la seconda volta. Ho fatto notare ai miei figli che senza di loro avrebbero perso la mamma e li ho invitati a donare il sangue. Ai giovani dico: se potete, fatelo perché non vi costa niente di soldi o di tempo, perché si può andare la mattina presto. Se potete, fatelo!».