Birra, un settore in crescita
È stato presentato a Roma il 18 maggio l’Annual Report 2022 di Assobirra: una relazione annuale (quella presentata nel 2023 si riferisce naturalmente all’anno precedente) che l’associazione dei birrai e maltatori, nata nell’ambito di Confindustria, realizza ogni anno. Per quanto l’Italia non sia storicamente un Paese birrario (produciamo attualmente 18,4 milioni di ettolitri contro gli oltre 85 della Germania, per intenderci) il settore è in crescita significativa: solo dieci anni fa la produzione era a 13,3 milioni, ed il valore del comparto è arrivato a 9,4 miliardi di euro, pari allo 0,53 per cento del Pil; superando il fatidico 2019 pre-pandemia, quando la produzione era stata di 17,3 milioni di ettolitri.
Ad essere in crescita costante sono poi i consumi pro-capite, pur lontanissimi da quelli dei Paesi a tradizione birraria: nel 2022 siamo infatti arrivati a 37,8 litri pro capite l’anno, in una crescita che – escluso il 2020 per ovvie ragioni – si mantiene ormai da quasi un decennio (erano poco meno di 30 litri dieci anni fa). Non quindi un semplice rimbalzo post pandemia – per quanto i dati provvisori del primo trimestre del 2023 parlino in effetti di una contrazione, ma quella probabilmente più dovuta alla congiuntura economica – ma una tendenza di lungo periodo. Un dato che, ha comunque fatto notare presidente di Assobirra Alfredo Pratolongo, è sostenuto più dall’aumento delle importazioni (cresciute del 10 per cento nell’ultimo anno) che da quello della produzione (cresciuta della metà). Va comunque rilevato che, oltre ovviamente sempre lontanissimi dai “soliti” capolista (Repubblica Ceca a 129, peraltro in calo, Austria a 101 e Germania a 89), non siamo dei grandi bevitori di birra neanche in confronto ai Paesi mediterranei, con i quali ha più senso fare un paragone: la Spagna è a 50, il Portogallo a 48, Cipro a 47, Malta a 41, Croazia e Slovenia (dove però c’è storicamente una tradizione austroungarica) a 77 e 78 rispettivamente. Solo Francia e Grecia sono sotto, a 33 e 32. Un dato che Pratolongo ha invitato ad interpretare con il fatto che nella cultura italiana la birra è una bevanda da consumo conviviale, per accompagnare una cena o un’uscita tra amici, e quindi in un contesto in cui esiste anche un freno sociale all’abuso di alcol.
Dati positivi anche dall’occupazione: dall’anno precedente cresce da 5300 a 5600 quella diretta, da 16.900 a 17.800 quella indiretta, e da 118.000 a 124.000 considerando l’indotto allargato.
Il report dedica poi una sezione anche a microbirrifici e brewpub, per la pressoché totalità realtà artigianali: Assobirra ne censisce 870, contro gli 814 del 2021 e i 756 del 2020. Positivo quindi rilevare che la pandemia, da cui sarebbe stato lecito aspettarsi chiusure tra il 2021 e il 2022, almeno per ora non ha fatto sentire colpi di coda: il calo (peraltro da molti pronosticato) è stato prima, dopo il tanto discusso sfondamento di soglia 1000 nel 2016, ritenuta insostenibile per quelle che erano le dinamiche di mercato. La coda della pandemia va forse cercata di più in quella che è la ripresa ancora stentata dei consumi fuori casa – il 35,8 per cento contro il 32,6 del 2021 e il 27,1 del 2020 -: consumi peraltro già in calo prima della pandemia dal 39,5 per cento del 2015 al 36,1 del 2019. Dati che sembrano quindi semplicemente confermare la dinamica in corso, che la pandemia ha semplicemente impedito di invertire, ma non provocato.
In quanto all’occupazione, Assobirra parla di 3000 unità per gli artigiani: in media quindi 3,4 addetti a birrificio, a conferma che parliamo di realtà piccole e piccolissime. La produzione di attesta a 471.000 hl, il 3,1 per cento del totale nazionale, incluso un 13,5 per cento di esportazioni – dato che conferma come le produzioni artigianali italiane si stiano ponendo come birre di alta qualità anche all’estero, considerando che realitavemente pochi anni fa erano viceversa praticamente sconosciute al di fuori dei confini nazionali. Significativo che il report accolga anche un contributo di Vittorio Ferraris di Unionbirrai, l’associazione dei birrai artigiani, e di Domenico Bosco di Coldiretti, data la tendenza sempre più diffusa ad utilizzare materie prime coltivate in loco per la produzione birraria – compresi grani antichi ed autoctoni, di cui l’Italia è ricca.
Pratolongo si è poi a lungo soffermato sul tema della “warning label”, l’etichetta nata dalla risoluzione approvata all’inizio del 2023 dall’Unione Europea che ha permesso all’Irlanda di adottare etichette allarmistiche su vino, birra e liquori, e attualmente adottata in Irlanda, definita come una minaccia non solo dai produttori di birra ma dal comparto agroalimentare al largo. I produttori di birra da decenni hanno promosso il consumo responsabile, agevolando di fatto i trend della moderazione con prodotti a basso tenore alcolico, di alta qualità manifatturiera, con elevate proprietà nutrizionali e legami profondi con stili e tradizioni territoriali – ha commentato Pratolongo – La birra negli ultimi 15 anni è diventata bevanda da pasto nonché vero e proprio simbolo di socialità. È amata dagli italiani, senza distinzioni di genere, che l’hanno fatta propria, apprezzandone la grandissima varietà di sapori e la versatilità che la rendono ideale in abbinamento al cibo non invasivo, intercettando i principali macro-trend della cultura gastronomica italiana: localismo, varietà e naturalità”.
A soffermarsi sul tema della sostenibilità è stato poi Federico Sannella, Vice Presidente di AssoBirra con delega a Transizione Ecologica e Sostenibilità: “Per quanto riguarda le azioni che imprese e addetti possono attuare nelle proprie strutture, lo sforzo è verso la neutralità carbonica: non solo programmi per la riduzione di CO2 ma un vero e proprio cambio sistemico dell’intero comparto industriale – ha affermato – . Per la catena del valore, invece, continuiamo a far crescere il rapporto di partnership con i produttori di materie prime e, in ambito logistico, lavoriamo con Ho.Re.Ca. e GDO in ottica di ottimizzazione e di miglioramento della distribuzione. Quanto al packaging, è importante seguire con attenzione gli aggiornamenti europei e individuare una soluzione sostenibile e in linea con la natura del nostro segmento”. Per AssoBirra, ha ricordato, “la sostenibilità non è solo economica e ambientale, ma anche sociale. La categoria è, infatti, impegnata a promuovere comportamenti in linea con uno stile di consumo responsabile delle bevande alcoliche, ad esempio con investimenti in prodotti no-alcool, o ancora in materia di diversità, equità e inclusione. Su tutti i piani e a tutti i livelli, occorre un cambio radicale di prospettiva sui temi della sostenibilità: da verticale e verticistico a orizzontale e condiviso, da filiera a ecosistema. Non è più e non può più essere un impegno delle singole aziende o dell’Associazione di categoria, ma deve diventare un’assunzione di responsabilità di tutto l’associazionismo, dell’intero ambito dell’innovazione, della ricerca, della politica, del sistema Paese”.