Biennale di Venezia 2022: la vetrina delle arti nel mondo
Il latte dei sogni, titolo scelto dalla curatrice Cecilia Alemani, è desunto dal racconto di favole per bambini di Leonora Carrington, in cui immagina un mondo magico e surreale e storie oniriche di creature che si trasformano. A tali interessi in parte si rivolgono e sono state scelte le autrici in ogni parte del mondo, spinti dai disastri ambientali, dalle tensioni sociali, dal progresso della tecnologia, ad immaginare una condizione postumana in cui non prevale più la ragione dell’uomo occidentale, come centro dell’ universo e a rifugiarsi in un rapporto più stretto con la terra, il mondo vegetale e animale e a salvare la propria cultura e le proprie tradizioni. Ci si accorge sempre più di quanto siamo interdipendenti, fragili e soggetti al cambiamento e quanto siano necessari un approfondimento e la riflessione critica. Così alla Biennale di Venezia 2022 vediamo scorrere a iosa video giganti su tematiche in ogni campo del vivere umano, spesso dal punto di vista surrealista, oppure su ricognizioni di riti tribali, religiosi, folcloristici, nelle varie tradizioni del mondo, oppure sui giochi dei bambini in tutte le periferie del pianeta. E sono state rispolverate anche tutte le forme sconosciute del surrealismo del 900, dal punto di vista delle artiste, adombrate dalle narrazioni maschili e assenti anche nelle biennali per la preponderanza delle partecipazioni maschili appunto. Questa Biannale di Venezia ha il pregio dello sguardo al femminile al 90% su un totale di 213 partecipanti di 58 nazioni.
La mostra, aperta dal 23 aprile al 27 novembre, ospitata negli accoglienti e ridenti Giardini e nei vastissimi spazi dell’ Arsenale, rinviata di un anno a causa della pandemia, nel frangente della guerra in Ucraina, a questo Paese ha dedicato un piazzale con il palco per manifestazioni di solidarietà agli autori ucraini che hanno continuato a produrre per poter meglio sopportare il calvario dei bombardamenti, il trauma, la rabbia e anche il coraggio di resistere. Al centro, un grande cono di sacchi che simulano quelli che coprono i monumenti per difenderlo dalle bombe. Per l’Ucraina, poi, Pablo Makov ha collocato la sua fontana geometrica di metallo, elaborata a Kharkiv, sotto le bombe, prosciugata e non dispensa acqua. Il padiglione della Russia invece è sbarrato, gli artisti invitati hanno scelto di non partecipare per non voler rappresentare il proprio Paese, colpevole di avere innescato la guerra e per evitare conflitti con il pubblico e per risposta la biennale, condividendo le motivazioni, ha espresso la sua solidarietà per la scelta coraggiosa e nobile.
Il padiglione centrale della Biennale di Venezia ci accoglie con un imponente elefante iperrealista e offre un tuffo in tutti i surrealismi delle artiste del 900, tra pittura, grafica, fotografia, spettacolo e danza, nelle sezioni di “Culla delle streghe”, “Corpo orbita”, sulle artiste e scrittrici dell’800 e 900, “Tecnologia dell’ incanto”, sulle ricerche percettive dell’arte optical anni 60, “Seduzione del cyborg”, sul cubismo, futurismo, costruttivismo e design industriale. Non manca la buona pittura contemporanea, come quella energica, burrascosa, spontanea e tremula della statunitense Amy Sillman e si fanno notare i piccoli arazzi di scene familiari dell’ indiana Mrinalini Mukhejee.
Uno sguardo ad alcune partecipazioni nazionali alla Biennale di Venezia
Il padiglione della Danimarca ci introduce in una realtà particolarmente impressionante e angosciante, nella quale una metà donna e una metà cavallo, come centauri per l’occasione, sono talmente realistici da sembrare vivi e veri, interferenza e identità tra un alto grado di iperrealismo e un altro di surrealismo.
La Corea presenta un inquietante rettile metallico, dotato di dispositivi elettronici, che induce a riflettere sul preoccupante rapporto tra l’astrazione disumanizzante della tecnologia e la vita sul pianeta terra.
La Svizzera ci immerge nelle sue tradizioni dei roghi dei pupazzi di paglia della notte di San Giovanni per scacciare i demoni, le malattie e l’ inverno, tra giganteschi personaggi antropomorfi illuminati a intermittenza da una luce rossa, allusione al fuoco come inizio e fine di un’ era geologica, ciclicità del tempo e percezione profonda.
I Paesi scandinavi ci presentano i Sami, come l’ultimo popolo indigeno dell’ Europa.
Per la Turchia Fusun Onur, con i suoi piccoli ambienti e figure in fil di ferro e stoffa, visualizza un viaggio tra Istanbul e Venezia, trasmettendo una certa vena di poesia, lirismo e tenerezza.
La Francia ricostruisce gli ambienti domestici e autobiografici dell’ algerino Zineb Sedira, con la sua raccolta di film coprodotti da Francia, Italia e Algeria anni 60 e i relativi documentari sugli stessi set cinematografici.
Per la Gran Bretagna, alla anglo-caraibica Sonia Boyce è stato assegnato il leone d’oro per la sua attività a favore della causa nera e rom e per la bella presentazione decorativa dei video, in cui le vocaliste delle due etnie trasmettono le loro registrazioni.
La Polonia emerge per i patchwork a piene pareti di Malgorzata Mirgo-Tas, che raccontano la storia del suo popolo rom, dall’ emigrazione in Europa, la vita quotidiana e il suo rapporto con l’ astrologia, su ispirazione degli affreschi del palazzo Schifanoia di Ferrara.
Israele fa buona mostra di sé con le rilevanti iconografie della israeliana Illit Azoulay, che assembla le foto della cultura mediorientale dell’archivio del museo islamico di Gerusalemme, che hanno il significato di una deflagrazione del sistema digitale e del potere patriarcale nazionalistico; in simbiosi, sottende le opere un audio ” galattico, angelico, antico e futuristico”.
Alcuni Paesi all’Arsenale
Per l’Uganda, alla Biennale di Venezia per la prima volta, due autori presentano l’ encomiabile lavoro delle donne nella gestione ecologica del territorio e per la conservazione delle conoscenze sacre inespresse.
Il Perù ripercorre la sua storia degli anni ’80 e di Sendero Luminoso, nel racconto di Hubert Rodriguez, impegnato negli scontri con la polizia.
La Cina offre la sua installazione di montagne desolate e nere per dirci della sua capacità di esplorare, trasformare e includere il mondo, al fine della coesistenza e del suo destino di trascendere il tempo.
Per Malta, Arcangelo Sassolino si riferisce alla Decollazione del Battista, conservata nella cattedrale di La Valletta, di cui non c’ è traccia nella installazione nel buio caravaggesco, in cui gocce di metallo incandescente cadono dall’alto nelle vasche, come rappresentazione dell’ odio persecutorio subito da San Giovanni Battista, che si può spegnere soltanto nell’acqua purificatrice. Progetto alquanto artificioso.
Anche qui, tra manufatti, sculture e pitture di ogni genere, foto e video, si è attratti dalla pittura eccellente, come quella spirituale e trasparente della statunitense Firelei Baez, oppure da quella figurativa e misterica sui miti e le tradizioni della cubana Belkis Ayon.
In uno dei grandi spazi della Biennale di Venezia, le Tese delle vergini, Mario Tosatti, unico autore scelto per l’Italia, installa macchinari dismessi di officine industriali per documentare l’ascesa e il declino del sogno industriale italiano e delle sue contradizioni, facendo riferimento a Dismissione di Ermanno Rea, cui da il titolo “Storia della notte”, cui segue ” Il destino delle comete”, che attraversano l’ universo e portano la rinascita e come segno di speranza, anche nel raggiungimento dei 17 obbiettivi dell’Onu riguardo alla salute, l’ istruzione, la tutela della natura, lo sviluppo sostenibile, i modelli etici di produzione, di consumo e di profitto.
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