Bertone, una scelta pastorale
Benedetto XVI privilegia nelle sue scelte di riorganizzazione del Vaticano la politica dei piccoli passi, senza stravolgimenti ma seguendo una linea sempre più chiara: mettere al posto giusto persone di provata fede, competenza e moralità, attente non solo alla dottrina ma anche alla pastorale. Se poi sono suoi vecchi collaboratori (e amici), tanto meglio! Così è stato per il card. Levada, ad esempio, che lo ha sostituito alla guida della Congregazione per la dottrina della fede. Ed ora ecco l’annuncio della nomina dell’arcivescovo di Genova, card. Tarcisio Bertone, a segretario di stato vaticano. La decisione era nell’aria, e forse sono state proprio le indiscrezioni di stampa a spingere il papa a darne l’annuncio con due mesi di anticipo sull’effettivo insediamento. Ovviamente dei colleghi hanno ricamato interpretazioni più o meno plausibili sui motivi dell’annuncio anticipato (o della partenza ritardata del predecessore, il card. Angelo Sodano, scelto 15 anni fa da papa Wojtyla). Chi conosce da vicino il card. Bertone sa di che tempra sia fatto questo salesiano poco oltre la settantina, canonista più che teologo (è stato decano della facoltà di Diritto canonico della Pontificia università salesiana e poi rettore dello stesso ateneo), estraneo alla diplomazia vaticana ma dialogante di natura, personaggio mediatico – ormai celebre la telecronaca di una partita di calcio dallo stadio Marassi di Genova, che gira su Internet come un filmato cult -, attento alla concretezza della vita della Chiesa e alla sua organizzazione, così come alla retta osservanza delle linee dottrinali e delle regole canoniche. Non ha paura di affrontare i dossier più spinosi (Medjugorje, problemi della Chiesa cattolica negli Usa, lefebvriani, terzo segreto di Fatima, Legionari di Cristo…), così come l’opinione pubblica, grazie al suo contatto diretto, alla sua chiarezza comunicativa, all’affabilità gioviale. Ha coraggio, il card. Bertone, e lo ha dimostrato nel corso del suo lungo servizio alla Chiesa, in particolare negli anni in cui è stato segretario della Congregazione per la dottrina della fede, chiamato proprio dall’allora card. Ratzinger. Nel corso di diversi colloqui e di interviste col cardinale ne ho potuto apprezzare la gentilezza dei gesti e delle parole, così come la chiarezza degli obiettivi. Lo si dice difensore strenuo della ortodossia dottrinale; lo è. Tuttavia è prima ancora un propugnatore del Vangelo, quello della giustizia e della carità, del dialogo e della concretezza.