Berlusconi: la dura scelta tra clausura e rieducazione

Nei 30 giorni successivi alla notifica dell'ordine di carcerazione, il condannato può presentare domanda per le misure alternative, detenzione domiciliare o attività nei servizi sociali. Entrambe comportano una limitazione della libertà personale. Come si concilia questo con il dichiarato intento di affrontare con nuovo vigore l’impegno politico? Un approfondimento
Il comunicato video di Berlusconi dopo il pronunciamento della sentenza Mediaset

La condanna definitiva di Silvio Berlusconi per frode fiscale sui diritti tv Mediaset a 4 anni di reclusione – 3 dei quali condonati dall’indulto del 2006 – interroga il Paese e lo stesso Berlusconi sulle scelte giudiziarie da seguire in relazione alla dichiarata volontà non solo di abbandonare la politica ma di dedicarvisi con nuovo vigore.

Come già detto in altre circostanze su questo argomento, in virtù dell’indulto applicabile per i primi 3 anni di reclusione comminati dalla Corte di Cassazione, Berlusconi dovrà, di fatto, scontare solo la pena residua di 1 anno di reclusione.

Va innanzitutto rilevato che l’esecuzione della pena è comunque sospesa, in quanto la legge prevede che l’esecuzione delle pene detentive non superiori a 3 anni siano automaticamente sospese. Nel contempo, però, nei 30 giorni successivi alla notifica dell’ordine di carcerazione, il condannato ha facoltà di presentare al Tribunale di sorveglianza una istanza di concessione di una delle misure alternative alla reclusione, quali l’affidamento in prova al servizio sociale e la detenzione domiciliare. Nella fattispecie, l’istanza, considerata la sospensione dei termini feriali dal 1 agosto al 15 settembre, dovrà avvenire entro il 15 ottobre.

Entrambe le misure alternative sopra citate comportano una limitazione della libertà personale. Se opterà per la detenzione domiciliare, il «condannato» Berlusconi, potrà scegliere di trascorrere la durata della pena presso uno dei luoghi che indicherà all’autorità giudiziaria, ma non potrà avere contatti diretti (personali, epistolari, telefonici, via Internet…) con altri soggetti che non siano gli «stretti familiari». Misura che difficilmente potrà conciliarsi con il dichiarato intento di Berlusconi di affrontare con nuovo vigore l’impegno politico. È pur vero che il Tribunale di sorveglianza può, in via straordinaria, autorizzare il condannato ad incontrare ulteriori soggetti all’infuori della stretta cerchia familiare, nonché a compiere singoli atti al di fuori del domicilio dichiarato (visite mediche, ricoveri ospedalieri…) Ma – la domanda è d’obbligo – quale atteggiamento assumerà l’autorità giudiziaria a fronte delle, certamente prevedibili, richieste di concessione di autorizzazioni finalizzate allo svolgimento dell’attività politica di Berlusconi? Su questo aspetto credo che dovremo prepararci a una nuova d interessante battaglia giudiziaria.

La seconda, possibile, misura alternativa, la messa alla prova presso i servizi sociali, si distingue dalla prima per avere in sé la finalità di «rieducazione» del condannato. Lascia al medesimo più libertà di movimenti ma lo costringe ad un serrato monitoraggio dei servizi sociali. In tal caso Berlusconi sarebbe tenuto a sottoporsi a colloqui con assistenti sociali e psicologi, svolgere attività di volontariato ed ogni ulteriore attività ritenuta utile alla sua rieducazione, nonché rispettare le «prescrizioni» stabilite dall’autorità giudiziaria (es.: non fare uso di alcool e stupefacenti, non rientrare tardi a casa, evitare la frequentazione di particolari soggetti e luoghi…). Il tutto in base a un progetto personalizzato che terrà conto dell’età e delle condizioni personali e sociali del condannato. Ma, come sembra emergere dalle dichiarazioni rilasciate alcuni giorni prima della sentenza definitiva, Berlusconi non avverte alcun bisogno di rieducazione, per cui la strada verso la detenzione domiciliare sembra oramai un percorso obbligato.

Va, in ultima analisi, valutato in che misura, e per quanto tempo, la qualità di parlamentare possa condizionare l’esecuzione della pena inflitta a Berlusconi. Indipendentemente dalla rinviata decisione sulla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, la Giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama dovrà ora dichiarare la «decadenza» da senatore di Berlusconi in forza della legge del novembre 2012 sull’incandidabilità: in base ad essa non può essere candidato, e decade se è già parlamentare, chi riporti una condanna definitiva a pene superiori a 2 anni per delitti non colposi per i quali il codice preveda la reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni (e il massimo per la frode fiscale è 6 anni)”.

Poiché la scelta dei tempi tecnici per decretare la decadenza è di esclusiva spettanza della Giunta per le autorizzazioni del Senato, sono sicuro che su questo fronte il sistema politico potrebbe andare incontro a una seria verifica.

Spero comunque che, spenti i riflettori sulla appassionante vicenda di Berlusconi, la politica – come auspicato dal presidente Napolitano – lavori seriamente a una riforma sostanziale del sistema giustizia che possa andare incontro e soddisfare realmente la domanda di giustizia dei cittadini, di tutti i cittadini.

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