Berlusconi e Maritain
Minority Report / 1
Le notizie sulle ultime dichiarazioni e vicende di Berlusconi mi giungono a Kolbsheim, piccolo comune alsaziano di 800 abitanti. Ci ripenso camminando sul prato d’ingresso nel cimitero del paese, rigorosamente diviso tra la parte cattolica e quella protestante. L’amico Dany ci guida a sinistra, in fondo, dove, tra un gruppo di tombe un po’ appartato, si trovano le spoglie di Jacques e Raïssa Maritain. Lì accanto riposano alcune delle loro “Grandi Amicizie”: Alexandre e Antoinette Grunelius, Nikolas Nabokov… Ci raccogliamo con rispetto, un gruppo di amici che ne visita un altro.
Colpisce, di Maritain, la struttura solida ed evidente delle sue fedeltà: a sua moglie, alle sue idee, ai suoi compagni di strada. E prende spazio nella mente, molesto e irritante, il quadro delle esatte e parallele infedeltà di Berlusconi. Giunto alla fine della sua carriera politica, non lascia nulla. Usa le sue ultime forze per impedire che sorga nel centro-destra un polo politico autonomo dalla sua persona, quel polo liberale e riformatore di cui l’Italia ha bisogno da vent’anni e che egli ha sistematicamente impedito, annunciandolo a parole ogni giorno e ogni giorno negandolo coi fatti.
I miasmi del passato ventennio italiano invadono ormai i campi verdi e brumosi dell’Alsazia. Non è solo, Berlusconi.
Prende forma il “cerchio magico” leghista, che ha consentito lo spettacolo di un Bossi che degenerava, negli ultimi anni, inabissandosi nella “politica del dito medio” e trascinando con sé il livello di tutta la politica italiana, aperta ormai alla maleducazione e all’insulto quotidiano. Il cerchio magico: tutta gente che diceva di volergli bene, ma non abbastanza da farlo smettere quand’era il momento, prima dell’umiliazione sua e del Paese.
E prende forma, nella mente, lo stuolo, tra i politici berlusconiani, di ex democristiani che hanno taciuto mentre Berlusconi corrompeva la democrazia, sostituendo la libera scelta che i cittadini fanno dei loro rappresentanti con la cooptazione, svilendo la figura stessa del politico col proporre, nelle liste elettorali, quelle “veline” che sua moglie, la signora Veronica Lario, definì “ciarpame senza pudore”. Forse questi “cattolici in politica”, sedicenti baluardi della vita e della famiglia, considerano la democrazia un “valore disponibile”, sul quale si può transigere? Qualcuno di loro ha preso la parola emettendo qualche timida critica quando Berlusconi sembrava ormai fuori causa; ed è tornato a tacere ora, mentre il Cavaliere tenta il ritorno sulla scena. I topi vanno e vengono dalla nave; Berlusconi, almeno, combatte anche quando affonda.
Sono a Strasburgo per una serata di approfondimento sulla fraternità in politica. La fraternità non è un sentimento generico e indistinto, non è passiva accettazione di tutto ciò che viene; al contrario, è intelligenza della realtà, è anche saper distinguere Caino da Abele. Forse non ci siamo opposti con sufficiente decisione alla turba di ciarlatani che ha invaso la scena politica italiana negli ultimi vent’anni; abbiamo consentito che diventasse normale ciò che normale non è: affermare una cosa un giorno, smentirla il giorno successivo; genuflettersi la mattina in qualche sacrestia compiacente, bestemmiare e raccontare barzellette sconce la sera. Abbiamo consentito che una patologia venisse considerata come normalità.
La normalità è la fedeltà di Maritain e di tutti quelli come lui, non l’infedeltà degli altri, in qualunque campo politico si pongano. Quando Benedetto XVI ripete che ci vuole una nuova generazione di politici, ci sta dicendo proprio questo: prima di decidere in quale posto vuoi impegnarti, decidi che tipo di politico vuoi essere.
«Se esistesse un solo cammino, non ci sarebbe alcuna possibilità di cambiare il futuro»
(Ph. K. Dick)
(Ph. K. Dick)