Berlino 66 volte
Festeggia sessantasei candeline la Berlinale, aperta l’11 e che chiuderà il 21 febbraio. Diciotto film in concorso, diciannove prime mondiali, due debutti, venti paesi rappresentati. Il mondo è variamente presente nei film in concorso: gli Usa, ovviamente, Canada, Germania e Francia, Portogallo, Iran, Filippine e Singapore, Danimarca, Bosnia, Polonia, Tunisia, Belgio e Messico.
Si privilegiano storie di immigrazione, drammi familiari ed adolescenziali, forse c’è poco spazio per l’umorismo. L’Italia è presente soltanto con Fuocoammare di Gianfranco Rosi, molto applaudito alla proiezione. Un documentario girato a Lampedusa, dove il regista ha vissuto per un anno, filmando anche la tragedia dei 150 cadaveri nella stiva di una delle tante barche della speranza (il film esce da noi il 18).
L’apertura è stata spumeggiante. Ave Cesare! dei fratelli Coen ha ironizzato sul cinema degli Anni Cinquanta, reinventando il personaggio del mitico produttore della Mgm Eddie Mannix tra spiritosaggini, divertimento, satira e parodia ed una nota malinconia che non stona: questo è infatti un mondo che non esiste più.
Ora si va avanti con lavori di valore alterno, a dire che il livello non può essere sempre quello superlativo dell’anno scorso, ma non è detta l’ultima parola. La giuria, presieduta dall’inossidabile e libera Meryl Streep con quattro donne (la fotografa francese Brigitte Lacombe, la regista polacca Szumowska, la nostra Alba Rorhwacher sempre più internazionale) e tre uomini (gli attori Clive Owen, Lars Eidinger, il critico inglese Nick James), avrà da lavorare: ma la Streep è un osso duro, sceglierà solo ciò che le piacerà. Fra l’altro, fuori concorso ci sono Chi-Raq, di Spike Lee e l’ultimo lavoro di Michael Moore Where to invade next.
Una consolazione infine per il Belpaese, cioè l’omaggio ad Ettore Scola. Almeno questo.